Sono le immagini più forti ad aprire "Uomini Soli", quelle - da più telecamere di sorveglianza e da diverse angolazioni, seppur solo simulate - dell'esplosione sull'autostrada che il 23 maggio 1992 uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della loro scorta.
Paolo Santolini nel suo documentario ha deciso di riunire le storie di quattro "uomini soli", Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Nomi che oggi tutti conoscono e che vengono spesso usati - giustamente - per riunire la popolazione antimafia e cercare di far cambiare le cose.
Quattro uomini che, però, fino al momento della loro uccisione erano stati lasciati soli dai colleghi (non tutti, ovviamente) e dalle istituzioni: a raccontarli davanti alla camera di Santolini è il giornalista d'inchiesta - ed esperto di mafia, ovviamente - Attilio Bolzoni.
"Con il loro sacrificio nella lotta alla mafia in Sicilia, hanno cambiato la storia del nostro Paese", recita la sinossi del documentario. Quattro persone "comuni" ma speciali, che hanno avuto il coraggio di non mollare e che hanno costretto i loro nemici ad azioni estreme per riuscire a fermarli.
C'è forse poco di inedito in questo "Uomini soli" (anche se le parole di Bolzoni e dei testimoni che si raccontano a lui sono davvero toccanti), e le storie dei suoi co-protagonisti meriterebbero ognuno un approfondimento specifico (che comunque è stato fatto, altrove). L'importanza di questo lavoro è però proprio quella di unire quattro figure diverse ma legate da un comune agire e da una comune fine.
Per non dimenticarli, e per non abbandonare più nessun altro: l'elenco a fine documentario delle vittime di mafia è composto già da troppi uomini (e donne) soli.
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