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LA BALLATA DEI PRECARI - Di lavoro, non ce n'è per nessuno

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Fino a che punto il lavoro è importante? Silvia Lombardo nel suo "La Ballata dei precari" racconta un lavoro che non c'è, al quale si è dato così tanta importanza nel corso della storia italiana, da farlo diventare merce di scambio, strumento di potere, oggetto di ricatto. Solo chi può garantire qualcosa in cambio, avrà la possibilità di un posto fisso, merce ormai sempre più rara e riservata spesso a chi non ne ha bisogno. Per gli altri c'è il precariato. In se definisce l'utilità di un lavoro, visto che quello fisso a cui aspirano i giovani del film, è ormai virtuale, spesso creato apposta per concretizzare scambi politici, favori sessuali, e ricambiare con uno stipendio mensile qualsiasi esigenza compensativa. Se ho bisogno di qualcuno per un lavoro vero, lo assumo precario (e ricattabile), a tempo determinato, part-time, co.co.co., co.co.pro., partita iva, etc, etc, etc... Il film si divide in sei episodi e i personaggi principali reagiscono in modo diverso alla ricorrente mancanza di un lavoro sicuro. La voglia disperata di raccontare un mondo si percepisce in ogni situazione, rischiando però di ripetersi malgrado le scelte di genere rendano ogni capitolo singolare. Ma mentre personaggi e svolgimento sono originali, è l'epilogo che porta lo spettatore a medesime considerazioni. Ed è forse la mancanza di sano e cinematografico cinismo a omologare le storie del film, con il lieto fine, seppur surreale, ironico e distaccato, che accende improbabili speranze. Solo l'episodio l'Ammortizzatore, usa in modo estremo e indovinato una chiave cinica e spietata, lasciando immaginare che con attori di maggior spessore nel ruolo degli anziani, si sarebbe colpito il centro del bersaglio. Gli interpreti sembrano tutti molto coinvolti nell'operazione di raccontare, in fondo, se stessi, molto complici nelle disavventure di una generazione che prova in tutti i modi a farcela da sé. E il film è un po' l'immagine di questa generazione, determinata a far da sola, abbagliata da una indipendenza sempre meno probabile e costretta a convivere, spesso senza prenderne atto, in una situazione difficile per tutti.

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