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Loggetto simbolico intorno al quale ruota Adikos kosmos/Unfair World (Mondo ingiusto) è un artigianale modellino in polistirolo che vuole rappresentare - secondo il protagonista che ne è anche il creatore - un mondo che non esiste. Migliore, sintende. Un mondo giusto.
E da qui il regista, Filippos Tsitos, mette in scena, con un po di teatro dellassurdo e un leggero distacco, una delle possibili reazioni al momento di crisi che sta attraversando la Grecia: non fare i conti con la realtà.
Il film ha il ritmo e il sapore di una fiaba, una fiaba sul candore che ancora riesce ad albergare in un adulto - ci si augura non lunico - a dispetto del lavoro che fa (il poliziotto), la vita che conduce (solitaria), la situazione contingente (il momento di crisi).
Il poliziotto Sotiris - incaricato di interrogare gli indiziati - ha il volto segnato dalla delusione e lespressione che passa dalla maschera asettica a un malcelato stupore; a dispetto dellapparenza rassegnata, però, crede in qualcosa, in una idealistica Giustizia che applica affidandosi allistinto, perché è certo di capire le persone, intuendone la sincerità e debellando così lIngiustizia. La sua incrollabile fiducia nellanimo umano lo porterà necessariamente a sbagliare e a sbagliarsi (senza subirne le dovute conseguenze, ma siamo in una fiaba), conquistandosi comunque linevitabile lieto fine.
Protagonisti indiscussi anche i due ambienti principali tra i quali si muove il buon poliziotto, uno interno e laltro esterno: lufficio spoglio dove si svolgono gli interrogatori (più comici che drammatici) e la panchina di un parco deserto, sulla quale Sotiris passa gran parte del suo tempo libero bevendo, sonnecchiando, pensando a nulla, forse deprimendosi, forse no; di notte, di giorno, per minuti ed ore, quasi sempre solo, una volta sola in compagnia.
Luniformità dei colori mai accesi (sempre blu, grigi, neri, verdi) resta negli occhi, come nelle orecchie risuona innocuo un classico quintetto darchi con pianoforte, ma spesso un pianoforte solo.