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ITALIA DOC: Ferrario, Garibaldi e la doppia Italia

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L'Italia è una nazione nata divisa, storta e "pregiudicata" alla base. In noi convive l'anima di Schettino e quella di De Falco e da questo "doppio" non usciremo mai se non estinguendoci. Un'analisi tragica, perentoria e quasi senza speranza quella che Davide Ferrario fa in "Piazza Garibaldi", un documentario che è come una bastonata in pieno volto. Accompagnandolo alla Casa del Cinema dopo il Festival di Venezia e quello di Torino il regista ha dovuto constatare come questo film rimanga appiccicato dentro, proprio perchè trasmette e restituisce una verità drammatica di un popolo quasi alla deriva, per il quale non solo il futuro è un'ipotesi ma forse nemmeno esiste più. Forse fra 60 anni, nemmeno il popolo italiano esisterà più, a giudicare dai dati demografici. "Basta guardare questa sala - ha affermato il regista - dove la maggioranza per non dire quasi tutti hanno passato gli "anta" da un po'... Questo è un film che nasce proprio dalla voglia di non far morire la speranza di un'Italia migliore. Ma non me ne restano molte. E' stato un viaggio e una scoperta, soprattutto perchè molte delle cose che si vedono nel film sono capitate per caso ma danno la dimensione reale, esatta, di questa nostra nazione". All'inizio del film Marco Paolini legge un passo molto bello di Umberto Saba che dice che l'Italia a differenza di altre nazioni non ha mai fatto e non farà mai una rivoluzione perchè non è una nazione di parricidi, ma di fratricidi. Non a caso episodi di guerra civile fra gli stessi italiani si verificano nel processo che porta al'unità d'Italia. "Ho scelto quei passi, di Saba, Leopardi, Bianciardi e Savinio perché riflettono in modo emblematico il carattere degli italiani, un carattere che possiamo tranquillamente dire che oggi è lo stesso. Il brano di Leopardi che dice quale pochezza umana ci abiti, che non riusciamo a parlarci se non insultandoci, è di un'attualità enorme. Ma l'italiano medio è così, è questo qui, addà passa' a nuttata e poi vediamo". E quindi, siamo destinati ad inclinarci come una nave ferita e distrutta ai bordi di un'isola? "Sono convinto, come si dice in un passo del film che la storia la facciano sempre le minoranze anche se la maggioranza è costituita da una marea di persone immote che poi seguono la corrente". Fatta l'Italia bisognava fare gli Italiani si diceva. Bene. Ancora non sono stati fatti questi benedetti italiani, quindi forse, magari, prima che sia troppo tardi, sarebbe il caso di risalire a bordo e riprovarci.

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