Doveva essere un documentario sulla depressione post-parto, nato da un'esigenza personale del regista Giorgio Cugno. E invece, dopo mesi di lavorazione e con già tanto materiale raccolto, la scelta drastica di passare al lungometraggio di finzione. Il motivo? Non strumentalizzare le esperienze delle donne intervistate, per cui le loro parole e le loro vite sono servite "solo" come base nella stesura del copione.
Dopo aver partorito il suo primo figlio, Arianna cade lentamente nel vortice della depressione post-parto. Colpa anche di una situazione familiare non semplice, col marito via quasi sempre per lavoro (peraltro molto precario), poco aiuto in casa e la necessità economica di tornare al lavoro solo quattro mesi dopo la nascita. Senza quasi accorgeresene, la ragazza lentamente si spegne e non riesce né a risollevarsi né a chiedere aiuto.
Un film doloroso ma delicato, che tratta un argomento scomodissimo (che però negli ultimi tempi è stato al centro dei lavori di Alina Marazzi, Cristina Comencini e Fabrizio Cattani) filtrandolo attraverso nette scelte stilistiche che lo portano ai confini con la videoarte (da cui Cugno proviene).
Primi e primissimi piani su Arianna (un'intensa prova fisica dell'attrica Simonetta Ainardi) e sugli altri personaggi e sugli oggetti, molti fuori fuoco per mostrare al pubblico il senso di perdita della ragazza. Una fotografia desaturata, ambienti spogli e un copione asciutto sono aspetti fondamentali per la costruzione di un film che riesce a coinvolgere, emozionare e far riflettere senza essere didascalico.
Forse si può rimproverare un eccesso di studio a tavolino del film, ma il filtro del rigore estetico - per quanto a tratti troppo costruito - probabilmente è stato inevitabile per toccare un tema da lui così sentito. Comunque "Vacuum" è un esordio da segnalare e un film di notevole qualità, realizzato da un autore che dimostra sensibilità e ampia conoscenza del "mezzo" cinema.
↧