Tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Fiori, "Sonetaula" di Salvatore Mereu racconta un'epopea sarda, trent'anni di storia della terra d'origine del regista, a cavallo della seconda guerra mondiale.
La scelta è quella di concentrare l'attenzione sulle (dis)avventure del giovane Sonetaula, figlio di pastori con il padre al confino (forse per un errore giudiziario) che si ritrova a dover lavorare per dare sostentamento alla famiglia. L'arrivo della guerra non aiuta le cose, così come le gelosie e i primi amori contrastati: scelte di vita non sempre libere portano il ragazzo ad aderire a fine conflitto al brigantaggio, ma il legame con la vita nei pascoli resterà forte e forse fatale.
Realizzato con un cast - nei ruoli principali - di non professionisti, ma il cui volto porta i segni della storia e li rende (specie il protagonista Francesco Falchetto, molto efficace anche se forse non troppo credibile nell'invecchiamento) perfetti per il racconto di Mereu.
Oltre due ore e mezza di racconto (ma sono state necessarie diverse ellissi nella narrazione per coprire i tanti anni di storia) per un film apparentemente ostico (la scelta di far parlare in sardo con sottotitoli in italiano non aiuta di certo ad arrivare alle masse) ma che si rivela, per chi ha la capacità di porsi di fronte alla visione senza pregiudizi, uno dei più potenti ed epici film italiani degli anni duemila.
Splendidi - inutile forse sottolinearlo - gli scorci scenografici di una Sardegna rurale così vera e "tangibile" (merito anche di Marianna Sciveres), di rilievo anche il lavoro sui costumi di Loredana Buscemi.
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