La cornice scelta per l'intervista a Michel Ocelot, genio transalpino dell'animazione, è il prestigioso Circolo dei Lettori di Torino, che con i suoi fini ornamenti ben si addice - e il regista sottolinea appena entrato la magnificenza del luogo... - al protagonista dell'incontro.
Il festival Sottodiciotto di Torino ha organizzato per l'edizione 2012 una retrospettiva completa dei lavori di Ocelot, compresi anche i preziosi cortometraggi girati negli anni '70-'80 prima di trovare la fortuna con il personaggio di Kirikù.
"Posso dire che la mia carriera è divisa in due parti, prima e dopo Kirikù. Prima per me era molto difficile convincere i banchieri a darmi fiducia! Ogni tanto riuscivo a fare un corto, ma mai sarei arrivato alla ricchezza: ho passato la vita nei festival, costruendomi una sorta di "famiglia internazionale" molto importante per crescere. Non mancavo mai un'edizione di Annecy (ma negli anni ho aggiunto altri eventi importanti per l'animazione come Zagabria, Ottawa e anche Hiroshima): conoscevano me e i miei lavori, il mio stile in quel periodo era dovuto solo alla povertà, e usavo le figure di carta ritagliata perché non costano niente, l'animazione a passo 1 e poco altro", spiega il regista.
"Mi ci sono affezionato, e ora continuo anche se sono quasi ricco e famoso (c'è ancora molto da fare per essere celebri, anche se sono felice di poter girare tranquillamente per strada e non essere la regina d'Inghilterra!). La situazione non era completamente triste, perché sapevo di essere un artista e di poter avere le mie chance: ho continuato a scrivere e disegnare, e un giorno un produttore mi disse di non perdere più tempo a cercare di vendere i miei corti alla tv, ma di proporgli un soggetto per un lungometraggio".
Un soggetto che diventò Kirikù. "Ho iniziato a cercare tra le note che avevo preso negli anni - è un consiglio che dò ai giovani: ogni volta che avete un'idea scrivetevela! - e ho trovato questo abbozzo di storia africana. Ho terminato la sceneggiatura in una settimana, e con quel film la mia vita è cambiata: da artista ignorato sono diventato "Monsieur Bestseller". Tutto ciò che faccio ora viene venduto, e tutto ciò che voglio riesco a fare. Ma è stato difficile perché nessuno ai tempi credeva in un lungo d'animazione francese, solo gli americani sembravano potere (o i giapponesi, al limite), e anche una volta realizzato nessuno voleva distribuirlo".
Finché non comparve Marc Bonny, coraggioso distributore di Lione. "Lui decise di provare, telefonò personalmente agli esercenti e li convinse a proiettare le 60 copie che eravamo riusciti a realizzare (senza nessuna pubblicità, né trailer, nè locandine), lo stesso giorno in cui usciva "Mulan" in 660 copie... ma abbiamo vinto noi! Con i primi incassi, invece di stampare pubblicità, Bonny decise di stampare un'altra copia, e così via fino ad arrivare a 150".
Può fare quel che vuole, dice, e ha realizzato tre film su Kirikù: c'è un legame speciale con quel personaggio? "E' il pubblico che vuole Kirikù", ammette il regista. "Per me non era necessario, era fuori questione fare un seguito. Tante persone sono venute da me a dirmi che dovevo continuare, ho ricevuto lettere da tutto il mondo, non avevo il diritto di fermarmi secondo loro! Io sono molto educato, e dopo 7 anni ho detto sì: non è facile resistere a richieste così piene d'amore".
I film di Kirikù hanno avuto molti problemi distributivi nei paesi anglofoni. "Gli anglosassoni hanno paura dei seni femminili", spiega Ocelot. "La BBC ha detto che neanche alle 23 poteva trasmetterlo, e nessuna distribuzione ufficiale lo voleva negli USA. C'è stata solo una piccola uscita per una casa non americana, che ha evitato di sottoporre il film al visto censura perché non voleva correre il rischio di avere il divieto. In sala c'era per legge una scritta che avvertiva i genitori che nel film c'erano scene di nudità. E' triste, perché credo sia un film che farebbe bene alla comunità afroamericana, ho ricevuto lettere molto commoventi da chi lo ha visto".
Sono sempre più numerosi i film d'animazione, in Francia e nel mondo. "Ai miei tempi non esistevano, c'era solo la Disney col suo strapotere e nessuno poteva far nulla. Ora quel potere è stato perlomeno intaccato, e c'è più spazio (anche se molto è stato preso da altri "briganti" come Universal e Dreamworks...). Apprezzo molto i lavori di Miyazaki e Takahata, e per la Francia - in cui i tanti film realizzati fanno ben sperare per il futuro - ho amato molto "Persepolis" di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud".
Nella sua lunga carriera anche un videoclip, per la canzone "Earth Intruders" di Bjork. "E' stata un'esperienza bellissima", ricorda Ocelot. "Un'artista che si rivolge a un artista, lasciandomi completamente libero: era molto rispettosa del mio lavoro, e sarei pronto a farne un altro, ma chissà se qualcun altro mi lascerebbe la stessa libertà...".
Progetti per il futuro? "Non ci sono tecniche nuove che mi interessano, ho provato il 3D nel mio penultimo film (Kirikù è uscito in alcune copie 3D per volere della produzione) e credo di aver esaurito il discorso: l'effetto in quel caso andava bene, ma in generale non mi piace. Ora sto lavorando a un progetto molto caro, che si avvarrà dell'animazione tridimensionale (ma non stereoscopica): è ambientato nella Parigi del 1900, con tanti personaggi noti - da Sarah Bernardt a Proust - per cui mi è necessario l'aiuto del computer".
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