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SOTTO18 - "Pulce non c'è è un film corale"

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"Un perdigiorno - che sarei io - girovagando in una libreria si ritrova in mano un libro, ne legge la quarta di copertina e qualche riga qua e là, si rende conto di come quella storia stesse "urlando" di essere raccontata e come le parole che l'autrice avesse scelto fossero perfettamente armonizzate. Solo dopo ho scoperto che era una storia vera": così Giuseppe Bonito spiega l'ispirazione iniziale che lo ha portato a scegliere "Pulce non c'è" di Gaia Rayneri per il suo esordio nel lungometraggio. Dopo l'anteprima mondiale al Festival di Roma (con premio della giuria nella sezione Alice nella Città), il film è stato proposto al pubblico di Torino - dove è stato girato e dove si svolse la storia a cui è ispirato - nell'ambito del Sottodiciotto Film Festival. Il film dovrebbe uscire in primavera. "Siamo in trattative con un paio di distributori, speriamo bene", spiega Bonito. "Dopo l'accoglienza calorosa a Roma siamo contenti, è poi anche arrivato un premio importante e, come mi ha detto Niccolò Fabi, che ha scritto un brano per la colonna sonora, è stato come ricevere una borraccia d'acqua durante una scalata al Tourmalet in bicicletta". Giuseppe Bonito, dopo 14 anni di carriera come aiuto-regia, arriva finalmente al primo film da regista. "Sono un giovane-vecchio, a 38 anni potrei essere già nonno tecnicamente, ma sono considerato un "giovane". Volevo una storia con cui rischiare e mettermi in gioco, magari anche perdendomi, e volevo una buona occasione per addentrarmi in qualcosa che non conoscevo. E l'autismo era perfetto, anche perché ho avuto guide speciali come Gaia e la sua famiglia che mi hanno molto aiutato anche a creare la visione corale della storia". Cinque settimane di riprese per il film, ma 5-6 mesi di preparazione che le hanno precedute. "E' stato necessario un lungo lavoro di documentazione", ha spiegato il regista. "Ho rifiutato di leggere libri e soprattutto di vedere altri film sul tema, per non esserne influenzato. Volevo avere un approccio un po' naif". La spinta a scrivere la sua storia, oltre alla voglia di rivalsa e alla catartica necessità di raccontarla, è stata per l'autrice la consapevolezza di come male rappresentata sia di solito la condizione degli autistici. "La maggior parte della gente pensa all'autistico come a Dustin Hoffman in "Rain Man", anche se quella è sindrome di Asperger", ha detto Gaia Rayneri. "O sono raccontati i tratti geniali, che non sono neanche così universali tra gli autistici, oppure storie strappalacrime in cui non mi sono mai riconosciuta". "L'apporto di Gaya sul set è stato fondamentale, ha seguito tutte le riprese", confida Bonito. "Dopo ogni scena chiedevo a lei se quanto girato fosse "buono per l'autismo", così come si chiede normalmente per la fotografia e per il suono. Solo quando lei diceva di sì procedevamo oltre: le ho chiesto di essere integralista, anche perché quella era la sua storia". Il lavoro per trovare le due ragazze co-protagoniste è stato immenso. "Abbiamo visionato 4228 bambine tra gli 8 e i 13 anni, un campione enorme", dice il regista. Poi si è ridotto il gruppo a una ventina, e fatto con loro un laboratorio specifico: quando Ludovica Falda - che interpreta Pulce - ha iniziato a interpretare i gesti e i movimenti tipici di un'autistica, "si è creato intorno a lei il vuoto naturale che si creava intorno a mia sorella: l'unica che le si è avvicinata con naturalezza e spontaneità è stata Francesca Di Benedetto (scelta poi per il ruolo di Giovanna), e l'intesa tra loro due è stata l'elemento decisivo per la scelta", racconta l'autrice. I genitori delle due bambine sono interpretati da Pippo Delbono e Marina Massironi ("Una coppia che ho voluto da subito, così differenti ma così adatti", dice il regista). "Sono grata a Giuseppe per l'occasione che mi ha offerta", racconta l'attrice. "La lettura del testo mi ha convinta subito, non mi sono chiesta troppo se fosse o meno in linea con la mia carriera precedente: in Italia non capita spesso di poter uscire dagli standard in cui veniamo riconosciuti. Ero molto imbarazzata perché Anita è una persona vera, che ho conosciuto e a cui ho chiesto molte informazioni ma che ho poi dovuto dimenticare per tornare alla dimensione recitativa". La storia di cronaca al centro di libro e film è anche un atto di accusa verso i malfunzionamenti delle istituzioni preposte. "In particolare è contro chi vende alle famiglie il cosiddetto miracolo della comunicazione facilitata, uno strumento che pare dar voce a bambini che non parlano ma che è ampiamente strumentalizzabile e impreciso. E poi la facilità con cui i bambini in casi come questi - e ce ne sono molti - vengono tolti alle famiglie per mesi in attesa di scoprire se il sospetto fosse o meno concreto", racconta Gaia Rayneri. "Non ci sono state al momento polemiche", spiega il regista. "In fase di scrittura abbiamo coinvolto associazioni e istituzioni che lavorano sull'autismo, tranne quelli che promuovono la comunicazione facilitata, che vendono quel sistema illudendo i genitori". Dopo Roma e Torino il film è stato richiesto anche da altri festival per il 2013, in Italia e all'estero, in attesa dell'uscita in sala a marzo-aprile.

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