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Note di regia del film "Black Star"

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Black Star è liberamente ispirato ad una vera squadra di calcio di rifugiati, la "Liberi Nantes Football Club". Ho conosciuto la squadra nel 2007 su un polveroso cam­po di calcio della periferia romana in occasione di una partita contro una squadra di ragazzi romani. In campo appariva uno striscione: “FREE TO PLAY” c’era scritto. Credo che la suggestione di partenza del film sia stata proprio in quel “liberi di giocare”; l'aspirazione cioè ad uno spazio di gioco che è anche di vita e di espressione. Un bisogno comune a tutti, che vale per un campo su cui giocare ma vale per la vita, per il lavoro, per il talento e per l’amore; vale per un rifugiato, per un clandestino, ma anche per un qualunque ragazzo italiano. Tutti cerchiamo la nostra stra­da, il nostro destino e una dimensione di vita da vivere liberamente. E tutti allo stesso modo questa possibile libertà la sentiamo minacciata dalla precarietà e dalla paura. Il film racconta una disputa di quartiere per un campo di calcio abbandonato, una vera e propria "guerra tra poveri", che è anche una scoperta dell'Altro. I personaggi che nel corso della vicenda si confrontano e si scontrano, fanno da specchio alle pulsioni e alle paure a cui ci spinge il disagio di vivere il nostro tempo, ma sono anche il riflesso dei sentimenti e degli slanci istintivi che possono darci la forza di cambiare una situazione. Non volevo realizzare un film “sulla Migrazione” ma raccontare piuttosto una storia di relazioni umane in bilico tra commedia e tensione. Il fenomeno della migrazione entra di riflesso nella vicenda, come catalizzatore di tensioni tra persone calate in una realtà quotidiana nella quale l'incertezza e la precarietà del vivere accomunano migranti e non migranti, ugualmente privi di identità e stabilità. Francesco Castellani

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