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ACCIAIO - A Piombino finisce l'adolescenza

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Il secondo film di Stefano Mordini è un lavoro su commissione che ricorda sicuramente la sua opera prima, "Provincia meccanica". Se infatti nel caso del lungometraggio che aveva per protagonista Stefano Accorsi il contesto era la pianura ravennate, in "Acciaio" la grande fonderia di Piombino grava e condiziona profondamente le infelici vite dei protagonisti. Portare sullo schermo l’appassionato ed ispirato romanzo omonimo d’esordio di Silvia Avallone non era semplice, e Mordini lo ha fatto con coraggio e personalità. Rimane però l’impressione che siano state sacrificate atmosfere, toni, e caratterizzazioni psicologiche che avrebbero potuto essere d’impatto sullo spettatore favorendo l’identificazione con i personaggi, elemento che nel romanzo non manca. Il film risulta quindi spesso poco omogeneo nel procedimento narrativo, ed appunto non particolarmente generoso nei confronti di certe attenzioni introspettive che avrebbero reso più toccante il lavoro senza appesantirlo. L’alienazione e la desolazione esistenziale dei personaggi però, la loro vita priva di prospettive annichilita dalla fabbrica, dalla provincia e dalle difficoltà economche, è riportata perlopiù in modo efficace, anche grazie a snodi girati con cura e raccontati con sensibilità. I personaggi delle due ragazze, ben interpretati dalle debuttanti Anna Bellezza e Matilde Giannini, restano significativi e sani emblemi di una generazione ferita in cerca di una giusta riscossa, e sono sufficienti a permettere al film di lasciare la sua impronta.

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