Le atmosfere e gli ambienti sono i suoi. Daniele Ciprì non esce dall'ambiente dei margini che lo contraddistingue da sempre, raccontando una storia curiosa ma senza troppe sorprese.
Primo film italiano in Concorso a Venezia 69, "E' Stato il Figlio" si muove in quel sottoproletariato urbano degli anni 70 caro all'autore palermitano.
Un uomo, in fila all'ufficio postale, racconta ai vicini di coda una curiosa storia accaduta tanti anni prima. In un lungo flash back, la famiglia di Nicola Ciraulo, Toni Servillo, raccoglitore di rottami di ferro, vive "grazie" alla morte della figlia un momento di particolare benessere economico. Tra mille ostacoli riesce a incassare l'assicurazione e finalmente a sistemare la propria esistenza acquistando una... Mercedes nuova.
Ma la tragedia è sempre in agguato e una notte "il figlio" ruba l'auto del padre graffiandone la fiancata. La reazione violenta è sproporzionata e finisce con l'uccisione a colpi di pistola del capo famiglia. Ma chi è stato?
Ciprì insiste sui suoi soliti caratteri, che però stavolta rischiano di scivolare nella macchietta, non riuscendo a graffiare più di tanto forse per la scarsa consitenza, alla lunga, della storia. Qualche trovata geniale non è sufficiente per fare di "E' stato il figlio" un film completamente riuscito. Toni Servillo e gli altri interpreti, a cominciare da Giselda Volodi, sono bravi ma, da attori professionisti, rischiano di esagerare nella caratterizzazione.
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