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Note di regia del film "Convitto Falcone"

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Vent’anni fa morivano Giovanni Falcone e il suo amico fraterno Paolo Borsellino. Trent’anni fa morivano Carlo Alberto Dalla Chiesa e Pio La Torre. Sono nomi, ma anche simboli, vite vissute, esempi, speranze. Sono punte di diamante, acqua pura che sgorga nel deserto di valori e di comportamenti che sembrano caratterizzare il nostro tempo. In un’epoca che impone come regola di buon gusto “un eguale formalismo di sentimenti e d’idee”, in un’epoca in cu la corruzione e l’ipocrisia, la retorica e i miserevoli interessi di parte, guidano il pensiero e l’azione di tutti noi, questi Uomini giusti, i cui volti si affacciano timidi dall’alto della loro grandezza, possono ancora insegnarci qualcosa. La prima cosa che fece Carlo Alberto Dalla Chiesa quando arrivò a Palermo col suo nuovo incarico di Prefetto Antimafia, fu quella di andare nelle scuole per parlare coi ragazzi. Ad alcuni sembrava che perdesse il suo tempo, ma in realtà stava seminando. L’ultimo atto politico di Pio La Torre fu quello di costruire un grande movimento di giovani contro la guerra. Paolo Borsellino, come un moderno eroe omerico, preferì morire piuttosto che cedere ai compromessi e tradire se stesso, la verità e la giustizia. Prima di rispondere alla domanda di un giornalista che gli chiedeva perché rischiava in quel modo, ogni giorno, la propria vita, Giovanni Falcone buttò indietro la testa sulla spalliera della poltrona dov’era seduto, poi sfoderò il suo più ampio, disarmante sorriso e rispose: “Per spirito di servizio” che tradotto nel sentire comune significa “Per fare il mio dovere”. Pasquale Scimeca

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