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LOCARNO 2012 - Considerazioni finali

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Un Palmares dai contenuti inattesi ha messo il punto finale alla riuscita sessantacinquesima edizione del Festival di Locarno. La premiazione è avvenuta sabato 11 agosto in Piazza Grande davanti a 5.700 spettatori. La giuria internazionale, presieduta dal regista Apichatpong Weerasethakul, ha spiazzato pubblico e critica, scontentandoli con un verdetto nel quale non figurano i film sui quali aveva puntato. E a chi (durante la conferenza stampa) ha fatto notare l’assenza di opere attese come lo statunitense "Starlet" ha risposto in modo enigmatico: A FILM IS A FILM! Nell’insieme il Palmares non può essere definito brutto ma, particolare, stilato nell’ottica cinematografica visionaria del presidente. Il Pardo d’oro è andato a "La fille de nulle part (Venuta dal nulla)" di Jean Claude Brisseau, regista veterano della cinematografia francese che, con questo premio, marca la sua attuale vitalità narrativa. E’ un lungometraggio intimista, sull’incontro e l’amicizia tra un anziano professore di matematica e Dora, una giovane “la giovane venuta dal nulla” interpretata con freschezza dalla brava Virginie Legeay. Il Pardo d’argento, Premio speciale della giuria, è stato appannaggio dell’estroso "Somebody Up There Likes Me" di Bob Byington, Stati Uniti. Il Pardo d’oro Cineasti del presente – Premio George Foundation- è andato al giapponese "Inori" del messicano Pedro González-Rubio. Il Premio Variety Piazza Grande è stato assegnato a film giovanile "Camille Redouble" di Noémie Lvovsky, Francia. Con questo secondo premio nel Palmarès locarnese la Francia mostra di essere il leader cinematografico in Europa. Un’edizione da incorniciare, la sessantacinquesima del Festival del Film di Locarno (Svizzera) a cominciare dal tempo che ha permesso, quasi senza temporali, l’utilizzazione in modo eccellente di Piazza Grande, salotto buono della manifestazione che ha accolto in undici giorni di proiezioni serali ben 63mila spettatori. Ampia per generi l’offerta su uno dei più grandi schermi d’Europa. Di qualità medio alta, ha mostrato il meglio in qualche film serio, "Quelques Heures de Printemps", dramma esistenziale di un nucleo familiare dilaniato da un insanabile conflitto e non unicamente e riduttivamente film sull’eutanasia, commedie brillanti come l’effervescente "Ruby Sparks" e documentari come "More Than Honey" dello svizzero Markus Imhoof (regista di "La barca è piena"), che con le sue riprese accurate e immagini spettacolari ci rende attenti sul fatto già evidenziato da Einstein che la scomparsa di questo industrioso e prezioso insetto porterebbe anche alla scomparsa dell’uomo. Però per ora possiamo star sicuri in quanto le api vivono e prolificano. E’ vero non vi sono stati i grossi calibri quali "Cowboys & Aliens" (con Harrison Ford a Daniel Craig) e "Super 8", ma non tutte le annate, come per il vino, sono uguali. Gli spettatori sono stati 160mila, cifra che si situa ben nella media, considerato l’impatto anche sul festival della crisi economica. Nella competizione internazionale spina dorsale della manifestazione che vedeva in gara 19 lungometraggi, tra cui anche l’italiano "Padroni di casa" di Edoardo Gabbriellini, in prima mondiale, o internazionale il livello è stato soddisfacente. Non vi è stato il lungometraggio eccellente, però vi sono stati film innovativi, di buona qualità e opere sperimentali come "Starlet", "Los Mejores temas", "Somebody Up There Likes Me", "Compliance" e soprattutto non vi sono stati tonfi qualitativi. Va detto che oggi, i programmi dei Festival maggiori quali Locarno, sono così vari e complessi che formulare un giudizio globale obiettivo è estremamente difficile. A bocce ferme quello sulla sessantacinquesima edizione, considerando il Concorso internazionale, quello dei Cineasti del presente, Pardi di domani e soprattutto l’esaustiva retrospettiva di Otto Preminger, cineasta tra due mondi, è per me più che positivo. Inoltre bisogna aggiungere che l’organizzazione è stata molto efficiente e che le strutture, nonostante i limiti attuali, sono state funzionali. Pe quel che riguarda il Festival di Locarno nel prossimo futuro ecco quanto tra l’altro ha dichiarato alla stampa il direttore Olivier Père: “Locarno è sempre stato all’avanguardia. E’ un laboratorio attento ai registi, produttori e attori emergenti, staremo sempre al passo con i tempi. (…) Non so se esistono classifiche di rating per i festival cinematografici, ma a livello di contenuto, qualità artistica e validità sul mercato, meritiamo la “A” della International Federation of Films Producers Association. "Dobbiamo migliorare, essere sempre più professionali, più internazionali - conclude Olivier Père -. L’importante è che tra dieci anni, dove sarà il cinema, ci sarà il Festival”.

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