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Note di regia di "Tutti giù"

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Nel 2008, in un arco di tempo molto limitato, piccole grandi storie hanno visto la luce e il relativo buio, influenzando impercettibilmente me e chi vive la mia stessa terra. Una ragazzina con uno scivolone è finita sulle prime pagine dei giornali; un artista, conosciuto per quella fragilità motore della sua arte, tragicamente ha finito la sua corsa; uno skater, propulsore di una subcultura urbana forte, dinamica e per molti invisibile, ha scoperto di essere gravemente malato. Infine un tafferuglio, due cazzotti, e la vita di un altro coetaneo finiva a terra. Episodi che hanno calamitato l’attenzione del pubblico ticinese e non solo. Che hanno fatto vivere strane, diverse emozioni praticamente a tutti. Emozioni non quotidiane, emozioni che tendiamo a schermare. Emozioni collettive. Emozioni forti, che fanno paura perché ci fan sentire di essere al mondo, parte di un unico corpo, fragile. In mezzo a tutto questo frastuono di emozioni e informazioni, un ragazzo era sotto ai ferri. Riceveva il cuore di un anonimo donatore. Disteso sul lettino di una sala operatoria, orizzontale come chi cade su una pista di sci, come chi frana al suolo dopo un evoluzione con la sua tavola, come chi finisce a terra dopo averle prese. Disteso, riceveva una nuova speranza di vita. Solo, fra le esperte mani di estranei. La solitudine nel sentire la propria vita che cambia in un centesimo di secondo, il tempo di attraversare un traguardo, il tempo di cadere a terra nel modo sbagliato, il tempo di riavviare un cuore fermo. La solitudine che provi quando devi decidere se giocare o no la tua vita in prima persona, di essere giovani fra adulti e sentire di voler compiere un primo, importante passo. Una scelta che fa paura, inconsciamente influenzata da chi ti sta accanto, da chi non conosci ma è cresciuto nel tuo stesso microcosmo. Un corpo costituito da organismi tutti diversi, in movimento e in simbiosi l’uno con l’altro dai quali è impossibile affrancarsi; come se noi tutti fossimo nanoparticelle che ruotano attorno ad una massa, il luogo in cui cresciamo. Tutti giù, distesi, gambe all’aria. Piccole grandi storie condivise ed emozioni private, emozioni collettive, emozioni che influenzano silenziosamente ciò che siamo. Pensieri sulla vita, la tua, e quella di chi ti sta accanto. La presa di coscienza, un momento in cui si inizia a camminare e, benché spaventati, ci si rende conto di quanto fosse pericoloso rimanere fermi. Niccolò Castelli

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