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CANNES 65 - Il bilancio conclusivo

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Era stato annunciato come un concorso forte e multiforme quello dell’edizione 2012. Sfortunatamente non lo è stato. Anzi, sotto alcuni aspetti ha sfiorato la mediocrità. Almeno sei lungometraggi, poi, non erano film da Festival e alcuni degli altri erano verbosi, troppo lunghi, banali e qualcuno anche noioso. Per una grande annata, “un grand cru” come quella del 2011 bisogna attendere e sperare. Non ci sono stati capolavori, che si fanno sempre più rari, ma nemmeno il flop. La varietà delle tematiche è stata ampia: dal desiderio del potere alla calunnia, dalla precarietà alla ricerca dalla spiritualità, alla sete dei soldi, al desiderio di apparire. E l’amore, coniugato in tutte le forme, era presente in quasi tutte le opere. Inoltre i cineasti hanno filmato nuovamente la solidarietà, l’uomo ed il sociale sono tornati al centro della loro attenzione. Il Palmares della giuria di Nanni Moretti è stato equo ed equilibrato. Aneke con "Amour", ha vinto la sua seconda Palme d’Or. La straziante storia dell’amore di una vita tra Anne e Georges, i due ottuagenari parigini, è stato decretato il miglior film del concorso. Un dovuto riconoscimento ad un lungometraggio denso di sentimenti, profondamente umano e dall’interpretazione magistrale. A sorpresa il Grand Prix è andato a Matteo Garrone con "Reality", favola corale e popolare del mondo dei Reality che filma l’alienazione mentale di Luciano (Aniello Arena), il pescivendolo napoletano folgorato dalla mania dell’essere un personaggio del Grande Fratello. Con questo premio inatteso, il regista romano ripete l’exploit di "Gomorra", anche se il film interpretato da Tony Servillo aveva più forza narrativa e più consistenza cinematografica. "The Angels’ Share (La parte degli angeli)" di Ken Loach, film intelligente, esilarante e agrodolce, l’unica commedia del concorso, è ricompensato con Le Prix du Jury. E' la terza volta che Ken Loach — vincitore anche di una Palma d'oro nel 2006 — riceve questo premio. Il messicano Carlos Reygadas ha vinto il Premio della regia per "Post Tenebras Lux", un'opera visionaria basata quasi unicamente sulle immagini. Il premio della sceneggiatura è andato meritatamente a "Beyond the Hills" di Cristian Mungiu, drammatico lungometraggio che filma in modo realistico e ritmi lenti, scanditi dallo scorrere del tempo, le tormentate vicende di un convento di suore ortodosse. Cosmina Stratan e Cristina Flutur, le due giovani e brave protagoniste del lungometraggio, hanno ricevuto il premio dell’interpretazione femminile, mentre quello dell’interpretazione maschile è andato invece all’attore danese Mads Mikkelsen, eccellente interprete di "The Hunt" del suo connazionale Thomas Vinterberg, potente lungometraggio sugli effetti devastanti della calunnia in una piccola comunità rinchiusa su se stessa. Tra le 25 opere prime di tutte le sezioni, la Caméra d’Or è andata a "Beasts of the Southern Wild" di Benh Zeitlin, selezionato a Un Certain Regard. La Palma d'oro dei cortometraggi è stata assegnata a "Silence (Sessiz-Be Deng)" del cineasta turco L. Rezan Yesilbas.

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