"Una Grande Famiglia" ha per me il sapore di unennesima sfida.
Una strada imboccata nel 2009, e proseguita con questo progetto, con Rai Fiction e con gli stessi autori di Tutti pazzi per amore.
La strada cioè di una serie in onda sulla principale rete televisiva italiana, che per temi, scrittura, stile e impianto produttivo tenti la strada della originalità e della modernità rimanendo trasversale tra target e fasce detà molto distanti.
I nuclei del racconto sono la famiglia, il Nord industriale, il mondo del lavoro.
Una famiglia numerosa, due genitori cinque figli e vari nipoti, intorno alla quale tutto ruota, oggettivo ed inevitabile punto di riferimento.
Una famiglia del Nord che intorno alla propria azienda è cresciuta, ha legato il suo stesso destino, il suo percorso di crescita e formazione.
Una coppia di genitori innamorati, due persone per bene. Il padre è stato un piccolo artigiano che passo dopo passo, sacrificio dopo sacrificio, ha fatto crescere la sua attività fino a farla diventare uneccellenza nel mondo. La madre, a cui sembra non sfuggire nessun dettaglio della vita di tutta la famiglia, ha fatto loperaia nella fabbrica del marito prima di sposarlo.
Una fabbrica dove il passaggio di consegne dal genitore ai figli è generazionale e complessivo e non solo professionale.
Ma in questa Grande Famiglia da un certo momento in poi, dopo un evento tragico e importante, cominciano a prevalere le cose non dette e i rapporti si fanno meno chiari. Contraddizioni, lacerazioni, distanze che sembravano inesistenti, vengono alla luce e sembrano prendere il sopravvento.
Si passa così più volte dalla grande compattezza allo sfilacciamento dei legami.
La crisi della famiglia coinciderà con la crisi profonda dellazienda.
Come se gli errori della famiglia, gli sbagli quotidiani influissero pesantemente nel lavoro e viceversa.
Storie damore travolgenti, intrecciate e complicate che coinvolgono le vite dei cinque figli, sembrano a volte rafforzare a volte spaccare in due , oltre che le vite di chi le vive, anche lequilibrio stesso della famiglia.
Una scrittura quella di Cotroneo, Bises e Rametta, popolare e credibile, che mescola registri diversi, dal drama, alla commedia romantica, al mistery.
Con la scelta di un finale sorprendente e spiazzante raccontato solo nellultima inquadratura di tutta la serie.
Un impianto e un impegno produttivo anomali nel panorama televisivo italiano con un cast importante, raro per una serie italiana, normale per una serie americana o di molti altri paesi in cui gli attori si spostano indifferentemente tra cinema e televisione.
Riccardo Milani
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