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"Più come un artista" - Gennaro Esposito e la sua cucina

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La bella rassegna curata da Maurizio De Rienzo "Italia Doc", una rassegna di documentari che sono lo specchio di ciò che siamo e forse di quello che potremo o meno diventare come nazione, ha presentato l'interessante lavoro di Elisabetta Pandimiglio prodotto da Gianluca Arcopinto "Più come un artista". "Un'esperienza totalizzante" l'ha definita la regista che è andata letteralmente a mettere il naso dentro una cucina e un ristorante, "La Torre del Saracino" di Gennaro Esposito. Uno con un nome così napoletano e paradossalmente uguale a quello di molti altri che però si è fatto conoscere nel mondo, grazie ad un lavoro ininterrotto cominciato a 10 anni. "Da bambino - lo sentiamo dire - un giorno, mi portarono dentro al ristorante dello zio e da quel momento non sono più uscito dalla cucina. Ho fatto tutta la trafila, dalla scuola alberghiera fino a rischiare con Vittoria, mia moglie, l'apertura di un nostro ristorante. E' stata una scommessa perché non avevamo niente, neanche le pentole". Oggi sono diventati due stelle Michelin e Tre Forchette del Gambero Rosso. Come? Con un lavoro di squadra che il documentario descrive benissimo. Dietro i fumi che s'alzano dalle pentole, dietro un coltello che affetta, mentre sentiamo l'olio che sfrigola, ascoltiamo le storie dei protagonisti, raccontato in una sorta di playback. Primi piani ravvicinatissimi, la sensazione di essere lì con loro a tagliare il prosciutto, a sperimentare piatti mentre i cuochi ci dicono come sono arrivati a lavorare con Gennaro, l'esperienza all'estero, la voglia di tornare e di crescere. Le gioie e i dolori di un gruppo fatto da giapponesi e napoletani che hanno una sola passione ed è la cucina. Dalle 7 di mattina a sera tarda vivono le emozioni, gli screzi, gli amori (due di loro sono una coppia) e le frustrazioni di un gruppo che ha un solo obbiettivo ed è che i piatti escano e soddisfino il cliente. Gennaro sorveglia, dà il tocco finale, interviene nelle discussioni e poi, come atto liberatorio, per staccare ogni tanto da qualcosa che è più della sua vita, si tuffa in mare. Nuota e si distende, come ad armonizzare gesti che gli torneranno utili di nuovo nel suo laboratorio. Hanno storie diverse, personalità complesse e poco remissive, c'è un "gioco delle parti" tra uomini e donne che ben si evidenzia, ma tutti sanno mettersi da parte quando è necessario, perché per un obbiettivo più alto di quello del singolo hanno compreso che è il gruppo che può e deve vincere. Ogni tanto, quando c'è una pausa, Gennaro legge poesie o addirittura Kant, perché non si può nutirire solo lo stomaco. "Una volta quando dicevi a una ragazza che facevi il cuoco ti guardava male - afferma Esposito - oggi sei visto più come un artista". E questo si sperimenta e quasi si tocca grazie alla regia della Pandimiglio che ha scelto di non mostrare mai né il ristorante né i clienti, ma di circoscrivere il suo punto di vista quasi totalmente alla cucina, portando la troupe a contatto così ravvicinato con i cuochi tanto da farci quasi mangiare l'ultima torta al cioccolato prima di chiudere il ristorante. Inutile negare che a fine visione dovrete essere bravi a resistere o assolutamente inclini alle tentazioni e cedervi, come diceva Oscar Wilde.

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