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Note di regia di "Quattro notti di uno straniero"

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"Stessa spiaggia, stesso mare” suonava così una famosa canzone italiana degli anni ‘60 sull’orlo, più che urlo euforico, di un precipizio tenuto distante, ma mai così facile da raggiungere. Strade sempre più larghe, velocità abissali, carreggiate a più corsie. È come dire che la storia è sempre la stessa: un uomo, una donna, un mondo che si autolimita, autopunisce, che rinuncia alle sue potenziali bellezze. Questo vale per la nostra vita consumata come anche per il cinema, con le sue immagini sempre più definite, ma in cui c’è sempre meno da guardare, tanto da non riuscire più a proiettare visioni fuori dallo schermo. Dopo Penultimo Paesaggio ecco il secondo film di quello che mi viene da definire come una sorta di dittico sul e nel contatto non ancora avvenuto, da avverarsi. Buona visione. Fabrizio Ferraro

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