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Note di regia di "Un giorno devi andare"

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“Anni fa ho realizzato alcuni servizi televisivi e un documentario in Amazzonia. L’esperienza è stata molto coinvolgente: per la spettacolare bellezza della natura, per il dilatarsi di tempi, per la semplicità e la gentilezza delle popolazioni, in uno scenario che naturalmente porta a percepire la forza primordiale della vita, a interrogarsi sul ruolo dell’uomo e a indagare il senso di un “oltre” l’esistenza stessa, pervasi da qualcosa che è “altro”, trascendente, tanto presente quanto impalpabile. Nell’occasione di quel viaggio, sono stati molti gli incontri con europei che hanno deciso di vivere la loro esistenza in quel territorio. Tra le tante figure mi incuriosì sentire citare sovente dai miei interlocutori la figura di un missionario italiano, Augusto Gianola, missionario del Pime vissuto in quell’area per più di trent’anni. Un uomo alla ricerca di Dio, un sacerdote che si spogliò del ruolo pastorale per calarsi in una condivisione umana con le persone più semplici e umili. La sua biografia, le sue lettere e l’esperienza diretta di incontro con altre persone in Amazzonia sono l’incipit di questo progetto filmico. In quell’ambiente dove si dilatano i tempi, dove la natura richiama forte il senso di precarietà della condizione umana rispetto alla vastità dell’universo, il pensiero sul chi siamo, da dove veniamo e cosa facciamo sulla terra, diventa naturalmente parte del quotidiano, soprattutto nei lunghi spostamenti sul fiume dove la sospensione sull’acqua diventa affine alla sospensione del pensiero. La contraddizione con l’Occidente, con il nostro concetto dominante di felicità, è forte: abbiamo conquistato molto, per certi versi abbiamo ‐ possediamo ‐ tutto, eppure non è così scontato essere appagati e saper condividere con gli altri non solo la quotidianità, ma anche la nostra interiorità, spesso assoggettata a ritmi di vita innaturali, dove l’esterno è fortemente invadente. E la crisi economico‐sociale di oggi ci costringe a prendere atto che molti schemi sono saltati, che molte certezze si sono rivelate effimere. Mi interessava indagare anche quell’ambito in cui la storia di una singola persona ‐ nel momento in cui affronta una crisi intima ‐ può in realtà diventare un’occasione di messa in discussione e di ricerca, seppur dolorosa, per una nuova possibilità di vita, più affine, che le assomiglia di più, dunque più autentica. E in questo senso, la storia di uno è in realtà la vicenda umana di tutti, universale”. Giorgio Diritti

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