"Andare via dall'Italia è stata una scelta voluta, di sicuro non sofferta, ma fatta senza rabbia o rancore": ci tiene a chiarire subito questo concetto Ruben Mazzoleni, giovane regista torinese che ha esordito nel lungometraggio nel 2012 con "Sheer", prodotto e girato a New York con la sua casa di produzione Virgilio.
L'occasione è la presentazione al pubblico italiano del film, presentato in anteprima internazionale a Torino nell'ambito del Sottodiciotto Film Festival, un antipasto prima dell'uscita nazionale a gennaio 2013 con Slow Cinema e Microcinema.
Dopo aver studiato al DAMS ("Le basi culturali le ho avute lì, ma di pratica nulla..."), Mazzoleni ha cercato di lavorare sui set torinesi di grandi autori. "Prendevo l'elenco delle produzioni in corso e li stressavo al telefono, finché non mi dicevano sì: è così che ho lavorato come assistente sui set di Tavarelli e Argento, e anche a girare il backstage de "Il Divo" di Paolo Sorrentino. La passione per il cinema è nata quando avevo 14 anni: quando vidi "Taxi Driver" rimasi folgorato, mi girai da mia madre e le dissi che avrei fatto il regista".
Nel 2008 la scelta di andare alla New York Film Academy per perfezionare il proprio percorso artistico. "Nulla come la vita sul set ti dà il polso di ciò che vuol dire fare cinema, ma gli anni all'Academy mi hanno insegnato tanto: innanzitutto che un film è un prodotto, e che bisogna quindi imparare la lingua del nostro pubblico; e poi che la prestazione di un attore è la cosa più importante. Là si dice che il film è tre cose: performance, performance, performance. Sono d'accordo, e ho iniziato a pensare diversamente il mio modo di fare cinema".
Al momento vivere esclusivamente di cinema non è semplice, e "ci si arrangia se serve anche a fare i camerieri", ammette Mazzoleni. "Con la nostra casa di produzione giriamo videoclip, pubblicità e altro, speriamo che grazie a "Sheer" si avvicini il momento in cui potremo concentrarci solo sul cinema. L'ispirazione è evidentemente lo Scorsese di "Mean Streets", e - grazie ad amicizie comuni - sono riuscite a fargli avere una copia del mio film: anche solo sapere che una copia è sulla sua scrivania mi riempie di orgoglio".
Il film, girato in soli 14 giorni e con un budget complessivo di 50.000 dollari, è un atto d'amore verso New York. "E' la città che oggi più amo al mondo, e ho voluto omaggiarla mostrando ciò che vivo quotidianamente, la Brooklyn in cui mi muovo, i locali in cui vado solitamente con gli amici. Non so se avrei mai potuto girarlo a Torino, ma di sicuro a New York c'è la possibilità di scegliere tra tantissime figure professionali di qualità, è del resto la capitale indiscussa del cinema indipendente".
"Spero di tornare a fare cinema qui in Italia, e in particolare a Torino", confida il regista. "Abbiamo due progetti - sempre noir, è il genere che al momento mi attira di più - uno da girare a New York e uno a Detroit. Ma mi hanno anche proposto un progetto (statunitense) da girare a Torino, e ho accettato senza neanche leggere la sceneggiatura!".
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