LÎle des morts parte da unesperienza personale per raccontare un fenomeno che conosciamo solo come statistica, ma che merita un approfondimento soprattutto a livello culturale.
I numeri impongono la Corsica (appunto lisola dei morti) in cima alla classifica della percentuale di morti violente (suicidi, omicidi, incidenti stradali) e il regista vuole capire se vi sia, in particolare nellatteggiamento verso la guida e lo sprezzo del pericolo, un pensiero comune tra gli abitanti dellisola.
Limmagine che emerge dalle interviste e dallosservazione di alcuni episodi di guida spericolata sembra evidenziare una visione fatalista della vita e in molti sottolineano quanto, per lisola e i suoi abitanti, sia importante il culto dei morti che si ritengono sempre presenti nella vita di chi resta: è morto solo chi è dimenticato e chi resta nei pensieri influisce ancora sulla vita comune. Nessuna paura della morte, quindi, che viene più venerata che temuta.
Le riprese con inquadrature fisse e il ritmo lento del montaggio sembrano voler scavare un solco tra chi assiste dallesterno dietro lobiettivo di una telecamera e la velocità che viene osservata, stratagemma utilizzato, forse, dal regista per cercare di prendere le distanze, nel raccontarlo, da un fenomeno che ha vissuto sulla propria pelle (la nonna morta travolta da unauto su una di quelle strade).
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