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TFF30 - Spazio Torino, sei corti per esprimersi

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Sei i cortometraggi ammessi alla sezione Spazio Torino del Torino Film Festival numero 30. "Il mare di Beppe" non racconta, osserva: un tronco, un prato, capre, mucche, un cane bianco, le montagne che sovrastano e circondano, e Beppe, pastore che a sua volta osserva il "mare" di pietra intorno a lui. In bianco e nero, con una colonna sonora di carattere, ininterrotta ed uniforme ad invadere e trasformare le immagini quasi documentaristiche, è un esempio perfetto di come il connubio musica/immagini possa rappresentare l'essenza stessa di un film, la sua personalità. "De Gare" prende spunto da un "pellegrinaggio" a piedi da Borgo San Dalmazzo (nel cuneese) ad Auschwitz. Insoddisfatto dal tentativo di trarre un documentario dalle immagini raccolte, il regista decide di affidarle ad un collega perchè possa “farne ciò che vuole”, e riprende questo passaggio di consegne. Per testimoniare questa “crisi” nell’efficacia comunicativa del documentario, a questo punto il corto prende un’altra forma, proponendo citazioni da Godard - lette da entrambi - che vogliono approfondire il ruolo del cinema e le sue possibilità di espressione. I due protagonisti danno le spalle alla telecamera rivolgendo lo sguardo alla vallata sottostante, e lo spettatore si sente escluso dal dialogo - impostato e troppo "letterario" - e dal senso dell'intera operazione. Ispirato ad un racconto di Primo Levi, "Titanio" è un piccolo gioiello di leggerezza, fuori dal tempo - perchè senza tempo - come possono esserlo le mille domande di una bambina (la piccola attrice conquista inevitabilmente) rivolte ad un adulto (imbianchino che dipinge di bianco un armadio nel cortile di una dimora disabitata in mezzo al bosco) che deve trovare il modo per comunicare con lei. "Inchiostro nell'acqua" è una storia densa di sottotesti (forse un po' compressa nei 13 minuti di durata) che svela solo nel finale la propria chiave di lettura. Un giovane solitario e chiuso in se stesso sembra avulso dal mondo che lo circonda e poco reattivo al confronto con chi gli sta intorno. Riflette su qualcosa, e i primi piani su oggetti e azioni circoscritte vogliono essere indizi (non sempre evidenti) della direzione del suo pensiero. Inquadrature curate e focus su immagini con grande effetto visivo impreziosiscono la storia, che forse avrebbe dovuto svilupparsi su una durata maggiore per affrontare a pieno il soggetto. "Voci bianche" nasce da un soggetto interessante ma perde un po' di verità caricando sulle emozioni. Intorno ad un coro (vero) ruotano le vite infelici di alcuni componenti per i quali l'attività comune rappresenta l'espressione e lo sfogo di sè. Molti momenti di canto (vocalizzi senza parole), tanto impegno per i componenti - non attori - del coro e un episodio di dramma finale che a fronte della forza e della sensibilità dell’idea narrativa, forse non avrebbe avuto bisogno di una sottolineatura musicale così enfatica che trasforma tutto in rappresentazione. “Insideaut” è l’esperimento che tenta di far vivere allo spettatore il punto di vista e l’esperienza di una persona affetta da autismo. L’effetto disturbante che ne risulta è efficace e l’abile montaggio immerge con naturalezza in questa realtà altra che fa perdere i punti di riferimento.

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