Un commissario di polizia napoletano lavora a Cagliari e si vede affidare un caso per lui diverso dai soliti, una ragazza rom scomparsa dal campo nomadi. La conoscenza con Alina, sorella del principale accusato (sparito anch'egli), donna emancipata che vive tra Parigi e la famiglia di origine in Sardegna, cambierà i suoi pregiudizi e lo porrà in una situazione difficile con i colleghi.
Prodotto da Gianluca Arcopinto, "Dimmi che destino avrò" (il titolo riprende un verso della canzone "Zingara", scelta discutibile) è interpretato da Salvatore Cantalupo ("Gomorra", "Corpo celeste") e da Luli Bitri, celebre attrice albanese già premiata a Berlino e al suo primo impegno nel cinema italiano.
Inedita e ben gradita la volontà di fare un film anche in Italia che tratti i rom dalla loro parte. Il difetto principale di "Dimmi che destino avrò" è probabilmente la sua costruzione a tavolino, la sua voglia di dimostrare a gran voce una tesi pro-zingari (patrocinata da Unicef e con l'apporto di Opera Nomadi) che soffoca la narrazione e rende le parti in teoria più significative un po' didascaliche. Valga per tutte la protesta del commissario con i superiori per quanto riguarda le impronte digitali da prendere ai bambini rom, davvero troppo farraginosa per risultare credibile.
Troppa tesi e troppo poca storia. Ne risente il presupposto giallo (che sparisce dopo pochi secondi), e ne risente anche la possibile storia d'amore tra i due personaggi principali (i cui dialoghi e il cui rapporto è un po' buttato via): l'unica parte che convince appieno e che non viene penalizzata dalla costruzione è il rapporto tra Cantalupo e i suoi giovani calciatori, ragazzi rom con cui instaura un legame sincero e toccante.
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