"Io ho il complesso dell'opera prima, ogni film per me deve essere diverso, nuovo, un'opera prima appunto". Con queste parole Tornatore ha spiegato il titolo del documentario "Giuseppe Tornatore: Ogni film un' opera prima" di Luciano Barcaroli e Gerardo Panichi che in un' ora e mezza racconta quarant'anni di carriera, di storia e di storie.
La realizzazione sarà anche stata lunga e meticolosa, con due anni di impegno costante, ma la qualità del film è davvero molto alta. L'incipit è costruito con immagini in Super 8 girate da Peppino quando ancora non era Tornatore, ma già riusciva a comunicare con incisività e ad emozionare profondamente.
Numerose le interviste a chi lo ha aiutato, conosciuto, scoperto e sostenuto, che svelano un uomo impastato di cinema come dice Massimo De Rita, sedotto dal potere dell' immagine sin dalla tenera età di 10 anni quando acquistò la sua prima macchina fotografica.
Accompagnati in un viaggio tra i suoi film da "Nuovo Cinema Paradiso" a "Baaria", è difficile non emozionarsi e, infine, si ha come l'impressione di conoscere più da vicino questo genio del cinema timido e schivo, lontano dalla mondanità ma sensibile all' umanità di quelli che incontra.
Il suo cinema ha saputo trionfare in tutto il mondo, e l'Oscar per il miglior film straniero con "Nuovo Cinema Paradiso" ne è la dimostrazione: "Dopo l'Oscar mi rimisi subito a lavorare al mio nuovo film. Lavoravo anche venti ore al giorno e ricordo che mi chiamò Fellini dicendomi di lasciare perdere il lavoro e di godermi quei momenti, perchè poi non sarebbero tornati. Aveva ragione ma io sono siciliano e quindi diffidente. I siciliani non si fidano troppo del proprio successo e della felicità quando arriva, ma allo stesso tempo però non si lamentano troppo delle sconfitte".
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