Sono passati più di tre anni da quando Enzo, Fabio, Luigi e Massimo compirono un'impresa destinata ad entrare nel mito.
Era una calda mattina di agosto, quando i quattro operai della INNSE salirono su un carroponte per protestare contro la decisione del comune di Milano di smantellare gli stabilimenti.
Da quel momento il loro destino e quello della fabbrica lombarda prese un'altra strada.
Presentato all'interno del Concorso Documentari Prospettive Italia del Festival di Roma, "Dell'arte della guerra" di Silvia Luzi e Luca Bellino getta lo sguardo sul complesso universo delle lotte operaie.
La storia di quelle interminabili ore trascorse a 20 metri d'altezza viene rievocata attarverso le parole dei protagonisti, cariche di rabbia, sconforto, malinconia. Colpiscono in modo particolare i discorsi di Enzo, un leader vero, che per descrivere il rapporto tra i lavoratori e i capi, utilizza in modo freddo e cinico una perfetta terminologia bellica.
L'operaio viene così visto come "lo schiavo", al centro di una guerriglia quotidiana contro il nemico/padrone, che ha come unica forma di salvezza la coalizione con i suoi "simili" e la condivisione degli intenti.
Scandito dagli interventi di radio Popolare Network, il documentario procede con un andamento fin troppo lento, e il rischio di far scemare l'attenzione dello spettatore è spesso dietro l'angolo.
Nonostante un minutaggio che lo rende un po prolisso (forse una piccola sforbiciata non avrebbe guastato), il film si presenta come un'operazione robusta e rigorosa, importante per capire a fondo le logiche contemporanee del mondo del lavoro.
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