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FdP53 - I cortometraggi di Raymond Depardon, i piani del silenzio

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Si è conclusa all’Istituto Francese di Firenze la retrospettiva dedicata a Raymond Depardon durante la 53esima edizione del Festival dei Popoli. Gli spettatori hanno potuto assistere ad una proiezione in 35mm di quattro cortometraggi del maestro francese tutti accomunati da una profonda ricerca sull’interazione tra immagine e suono. In "Ian Palach" (1969) il regista filma il minuto di silenzio in onore del giovane praghese che si cosparse di benzina in Piazza San Venceslao per protestare contro l’occupazione sovietica. Il documentario gioca tutto sui primi piani, sui volti delle persone nelle piazze e su movimenti di camera lenti e drammatici. Anche in "10 minutes de silence pour John Lennon" (1980) Derpardon filma un altro momento di dolore di una città andando a filmare in Central Park a New York. Gli americani stanno piangendo il cantante assassinato da Mark David Chapman, la sera dell'8 dicembre 1980. Il piano sequenza anche in questo caso serve al cineasta per osservare i volti, i corpi ed i gruppi delle persone sprofondate nel momento di rispettoso silenzio. La camera si muove a 360° andando a cercare gruppi di persone, dettagli, espressioni. La sensazione che Depardon riesce a trasmettere è quella di un’ immobilità surreale ma piena di energia vitale e di rivoluzione. "Tibesti too" (1976) è il risultato di otto mesi di riprese sulle montagne del Tibetsi seguendo la popolazione dei Tedas. In questo corto la forza dell’immagine di Derpardon viene fuori in tutto il suo splendore, lavorando quasi sempre su immagini a cavalletto con un bianco e nero purissimo ottenendo un effetto di immersione in paesaggi desertici da sogno. Questo film è un vero e proprio saggio di fotografia in movimento, in quanto le immagini sono accompagnate da rarissimi interventi di una voce fuori campo che indica la localizzazione e i personaggi delle scene. "New York, NY" è un breve film del 1985 che mostra vedute in bianco e nero della Grande Mela, città nella quale il cineasta ha filmato ogni giorno per quattro minuti in un periodo di due mesi. All’inizio del film una voce fuori campo sottolinea l’impossibilità di filmare una città per capirne il senso. Anche in questo film la ricerca fotografica e la scelta di un linguaggio cinematografico nuovo aprono lo sguardo ad una visione inedita della realtà.

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