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Festival Roma - E LA CHIAMANO ESTATE ma decisamente non lo è

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Una sera d'estate, Dino conosce Anna in una festa in riva al mare. Nonostante lei sia fidanzata, rimane così folgorata da quell'incontro, che nel giro di poco tempo ha inizio una sentita storia d'amore. Nella coppia però qualcosa rimane non del tutto chiaro: nonostante il sentimento, lui non riesce ad avere rapporti sessuali con lei, preferendo perdersi in un mondo fatto di prostituzione e perversione. Opera terza di Paolo Franchi, "E la chiamano estate" fa acqua da ogni parte lo si guardi, ed è davvero difficile riuscire a salvare qualcosa. Forse pensato come un melò intimista dai risvolti esplicitamente erotici, con un procedere lento e ridondante, il film non riesce mai a toccare le corde emotive, facendo sprofondare lo spettatore in una tremenda noia. Difficile essere coinvolti nel dramma del protagonista, anestesista di mestiere, che per un gioco del destino ha il compito di far rilassare la gente, proprio lui che non riesce a trovare pace, tanto da arrivare a proporre agli ex della compagna di avere rapporti sessuali con lei, perché, citando letteralmente "una scopata non si nega a nessuno". E proprio nella scrittura sorgono i problemi maggiori. "Le mie parole possono sembrarti ridicole e senza senso", se da un lato è la frase ripetuta innumerevoli volte da Dino nel corso del film, dall'altro descrive perfettamente una sceneggiatura ripiena di battute irreali e a tratti imbarazzanti, che involontariamente strappano svariate risate. Grandi, grandissimi dubbi sorgono dunque al pensiero che il film sia stato presentato al Festival di Roma nel Concorso Internazionale.

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