Nader è figlio di egiziani ma è nato a Roma, si sente italiano a tutti gli effetti ed è pronto a rivedicarlo ad ogni costo. Così, quando la madre gli comunica che il suo fidanzamento con una ragazza italiana è inaccettabile, mettondolo di fronte alla scelta di lasciarla o di andarsene di casa, il sedicenne non ci pensa due volte e scappa.
A distanza di un paio di anni dall'uscita di "Fratelli d'Italia", Claudio Giovannesi torna a raccontare una storia di integrazione nel suo "Alì ha gli occhi azzurri", che vede protagonista il giovane Nader Sarhan, già presente nel precedente documentario.
Girato in modo asciutto e fortemente realistico, il film racconta quella categoria della società conosciuta come "italiani di seconda generazione", giovani in bilico continuo tra le proprie radici culturali e le mode del Paese in cui sono cresciuti, alla ricerca continua di una vera identità.
Come già scelto da altri autori del nostro cinema contemporaneo, si veda il "Reality" di Matteo Garrone o "L'intervallo" di Leonardo Di Costanzo, anche Giovannesi opta per una macchina da presa incollata sul protagonista, adottando un linguaggio ibrido tra il realismo del documentario e la finzione.
Il racconto generazionale, fatto di amori, gelosie e violenza, convince anche quando il film azzarda verso il "gangster movie", ma ciò che a volte stona è la voglia del regista di condensare troppi argomenti in brevissimo tempo (in pochi minuti si passa da una rapina, ad una pippata di coca, ad una lamentela per la presenza di un crocifisso in aula), con la conseguenza che molti di essi finiscono per risultare fine a se stessi.
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