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Daniele Vicari al CSC: "Diaz e La Nave Dolce narrano fatti accaduti nel nostro Paese"

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Al Centro Sperimentale di Cinematografia il regista Daniele Vicari e la sceneggiatrice-produttrice Laura Paolucci si sono incontrati con gli allievi per discutere con loro del film "Diaz", una riflessione sulle pesanti responsabilità della polizia nella gestione dell'ordine pubblico nel corso del G8 di Genova, una verità sgradevole che, come ha ricordato la Paolucci stessa, ha reso difficile reperire finanziamenti per la sua realizzazione e che ha creato imbarazzo ai più diversi livelli. Anche al Centro Sperimentale, se è vero quanto dichiarato dal regista Paolo Sorrentino che si vide bloccare dall' allora presidente del CSC Alberoni un progetto di corti, ideato assieme allo sceneggiatore Umberto Contarello, da far realizzare agli allievi, centrato su delle storie individuali nella cornice dei drammatici eventi del G8. Nel riferire l'episodio Rulli ha voluto precisare che inaugurare proprio con la "Diaz" gli incontri che si terranno quest'anno presso il CSC con gli autori del cinema italiano, ha il valore anche di un segnale, a sottolineare cioè il fatto che d'ora in poi al Centro sarà possibile discutere e scrivere su qualunque argomento, anche il più scabroso e 'scorretto'. L'appuntamento con Vicari fa parte di una serie di incontri organizzati dai docenti del corso di sceneggiatura per avviare una riflessione su come sia possibile oggi tornare a raccontare per immagini la Storia grande. Nell'occasione è stato presentata anche la prima parte del documentario "La nave dolce", un film che uscirà domani nelle sale e che racconta le vicissitudini della nave approdata nel 1991 nel porto di Bari carica di migliaia di albanesi, che furono poi tutti espulsi dall'Italia. "Diaz e La nave dolce" - ricorda Vicari - "narrano fatti accaduti nel nostro Paese a distanza di anni, ma con un unico filo che li tiene inesorabilmente uniti: una gestione dell'ordine pubblico segnata da una violenza inaudita". E in entrambi si raccontano due Italie: una capace di misurarsi con il cambiamento, pronta a difendere il diritto di chi pretende una società più aperta e accogliente, e un'altra chiusa al nuovo, asserragliata in false ideologie pur di non guardare la realtà e le sue trasformazioni. "Nessuna narrazione di un avvenimento storico importante" - prosegue Vicari - "può essere lineare, con una coerenza assoluta in ogni particolare, perché in ogni evento esistono sempre contraddizioni, buchi neri, 'increspature' impreviste, legate agli individui concreti che in esso si trovano ad agire. La linearità del racconto semplifica, falsifica. E dunque chi fa cinema oggi deve andare contro questa linearità, deve in altre parole fare il 'contropelo' alla Storia grande. Non si deve fare cinema per ricordare ma, per dirla con Benjamin, per 'rammemorare', cioè per rivivere qualcosa che riguarda anche noi. Fare cinema ha un senso ancora oggi se può aiutare ad impedire la rimozione di episodi come la Diaz e quello della 'nave dolce', due tragedie che ci riguardano tutti".

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