Quando mi è stata proposta la presidenza del Festival dei Popoli ho avuto due reazioni contrapposte: preoccupazione e entusiasmo. La prima era generata dalla consapevolezza delle difficoltà che, in una situazione di crisi economica globale, avremmo incontrato: il festival è unorganizzazione senza scopo di lucro, sorretta da finanziamenti di varie istituzioni che, in tempi di spending review, non era scontato garantirsi. Lentusiasmo derivava invece da una storia lunga quanto il festival, che ha avuto unimportanza non secondaria nella mia formazione. Da fiorentino facevo parte di quel pubblico di giovani studenti che negli anni Settanta vivevano il Festival dei Popoli come una straordinaria occasione di discussione, di confronto, di conoscenza. Eravamo curiosi, voraci delle storie del mondo e nessuno le raccontava meglio del Festival dei Popoli. Nella sala gremita del Palazzo dei Congressi ho scoperto mondi socialmente e geograficamente lontani, ho capito limportanza di dare voce a chi non può farsi sentire, ho apprezzato le tecniche e larte del racconto. Nel mondo non ancora globalizzato e pre-internet, il festival aveva una funzione informativa importante: la mia passione per il giornalismo è nata anche da qui. Oggi lo scenario è completamente cambiato. Internet ha reso tutto più vicino, condiviso. Le nuove tecnologie digitali hanno trasformato gli spettatori anche in produttori di contenuti da condividere sui social media. Siamo nella società della documentalità, dove tutto diventa traccia digitale: le immagini, dai concerti alle manifestazioni, scorrono sui nostri cellulari, riprese da noi stessi o inviate dagli amici. Eppure il festival non ha perso la sua straordinaria capacità di affascinare per due ragioni fondamentali: la capacità di tradurre le storie in racconti e lattenzione alla qualità filmica. Con un archivio di oltre 17.000 titoli il festival è depositario di una memoria unica e globale ma non globalizzata - degli ultimi 53 anni. Un patrimonio raro che abbiamo il dovere di valorizzare, non solo con la conservazione e la digitalizzazione, ma anche individuando e sperimentando tutte le opportunità che oggi abbiamo per favorire la circolazione delle opere. Da neo presidente non posso che ringraziare gli enti pubblici e privati che hanno rinnovato la loro fiducia nel festival e le persone che hanno reso possibile questa 53esima edizione: il direttore Alberto Lastrucci e Maria Bonsanti, che con lui ha condiviso le scelte prima di essere chiamata a dirigere il Cinéma du Réel a Parigi, i vice presidenti Lucia Landi e Augusto Cacopardo, il comitato direttivo e tutti i collaboratori che hanno portato alledizione un contribuito di straordinaria professionalità e competenza. Un ultimo ringraziamento va agli autori e al pubblico: senza di loro nessun festival sarebbe possibile. Sono certo che ancora una volta potremo condividere la curiosità, la voglia di sapere e di conoscere di fronte al grande racconto del mondo.
Marco Pretellesi
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