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Nel film di Silvio Soldini "Il comandante e la cicogna" riemerge un elemento di non secondario interesse su cui vale la pena di esporre qualche considerazione. 

Mi riferisco a un particolare uso della lingua italiana teso a contrapporre un registro linguistico, elevato e desueto insieme, praticato da personaggi molto particolari che rivestono una funzione esplicita o ideale a sua volta molto particolare, a un altro più quotidiano e volgare (quale che sia il significato che si voglia dare a questo aggettivo). 


La situazione si era già presentata in "Pane e tulipani" con il cameriere Fernando, interpretato da Bruno Ganz, di origine islandese e cultore dellOrlando Furioso, che riusciva a illuminare nuovi orizzonti di libertà a Rosalba. Fernando parlava una lingua italiana rara e impraticabile nel Belpaese odierno: questo ne faceva il custode designato di un sogno ineffabile di libertà.

Ne "Il comandante e la cicogna" sono le statue dei grandi della nostra storia, portatori di pensieri e messaggi carichi di valori inattuali che solo il passato può tornare a proporre, a introdurre nel tessuto linguistico quotidiano, televisivo, meticcio, triviale, unisola di pacata nobiltà. Attraverso le loro parole, in particolare appunto nel monologo finale del Comandante alla Cicogna, passa, se non la sicurezza di una nuova libertà, almeno il bisogno di coltivarne ostinatamente lattesa.


Lintuizione che sta alla base di questo duello linguistico funziona senza dubbio sul piano narrativo/rappresentativo. E certo più appagante nellincontro tra Fernando e Rosalba: la donna ritrova in quellinconciliabilità linguistica la parte di se stessa più indocile alla piattezza della vita che ha condotto finora non a caso poi accompagnando la propria riscoperta con quella della fisarmonica, strumento musicale a sua volta bifronte, popolare e raffinato insieme. Guardando Il comandante e la cicogna, pur condividendone in toto la critica del nostro presente, non posso non provare la sensazione che nelleccellenza del registro linguistico adottato per esprimerla si sublimi, questa volta, limpossibilità di trovare appigli più concreti alla speranza che tutti noi e il film andiamo cercando.
Una cosa è dar voce alla storia di Rosalba e Fernando. Altra cosa, farlo con la nostra Storia