In fuga da un passato fatto di scontri armati, di prigionia, di tristezza.
Anni fa Francis e Mirelle hanno abbandonato il Congo in cerca di pace e di un'occupazione, e dopo varie vicessitudini, il destino li ha dirottati in Sicilia, ad Agrigento. Lì, con l'aiuto della gente del luogo, proseguono ogni giorno il loro percorso di integrazione in quella che a tutti gli effetti considerano una "seconda patria".
Scritto già nel 2005, ma realizzato dopo sei anni, "Il Santo Nero " di Antonio Bellia, torna a far luce sul fenomeno dell'immigrazione, raccontando una storia tutta siciliana in cui la vita quotidiana di un giovane congolese si intreccia con il culto per San Calogero, il santo "nero" per eccellenza.
Pur partendo da uno spunto molto interessante e originale rispetto ad altre produzioni riguardanti lo stesso tema, il documentario appare però fin troppo costruito "a tavolino", tanto da risultare a tratti recitato. Più che ricercare la realtà in "presa diretta", sembra quasi che Bellia voglia ricostruirne una, e il suo lavoro finisce per risultare molto preciso nelle scelte di messa in quadro e di narrazione, ma al tempo stesso un pò forzato.
La macchina da presa segue i personaggi muoversi tra sedi di associazioni, spiagge e feste patronali, risultando ora occhio invisibile che scruta lo svolgersi degli eventi, ora interlocutore diretto a cui poter parlare guardando in macchina.
Un doc di quasi ottanta minuti che scorre rapidamente, senza mai annoiare, grazie soprattutto ad una colonna sonora originale firmata da Lello Analfino dei "Tinturia", probabilmente una delle più belle scritte per un documentario negli ultimi anni.
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