Comè nata lidea per la realizzazione del film?
Giovanni Galletta: La sceneggiatura di Il mistero di Laura nasce da una leggenda metropolitana che mi raccontò mia madre molti anni fa. Mi affascinò e mi turbò così profondamente, che iniziai a ricamarci sopra. Solo in un secondo momento sono venuto a conoscenza di molte testimonianze del fatto che quello che avevo immaginato e messo su carta era accaduto realmente. Lultima testimonianza mi è stata fatta presente proprio il 31 agosto 2012, la sera della prima. Una donna molto emozionata dal film mi si è avvicinata e mi ha raccontato quello di cui è venuta a conoscenza da un suo parente che presto incontrerò. Al di là dei preconcetti e dellincredulità di molti infatti pare che quello che ho raccontato sia accaduto veramente ed in più di una occasione.
Il film è basato su forti emozioni. Come hai strutturato la narrazione con le immagini?
Giovanni Galletta: Sono partito da un linguaggio cinematografico piuttosto canonico e molto tipico del mio stile per arrivare a visualizzare il film in modo più azzardato, almeno per quello che sono solito fare. Per esempio i sogni che i personaggi fanno, anzi ricevono, li ho girati in soggettiva con tanto di sguardi in macchina per fare risaltare leffetto realtà. Per restare aderente alla tensione che cresce con la narrazione, nei momenti più importanti ho girato con la macchina da presa a spalla, quindi in leggero e quasi inavvertibile movimento. Poi ho cercato di fare vedere il più possibile Roma, ma non certo primariamente nei suoi luoghi più riconoscibili e nemmeno perché la vicenda del film è tratta da una leggenda metropolitana. Amo molto infatti la città in cui vivo da quasi dieci anni e volevo renderla il più possibile magica e positivamente e segretamente partecipe delle vicende dei protagonisti.
Si può definire Il mistero di Laura un film sul senso della vita?
Giovanni Galletta: Questo mio ultimo lungometraggio è assolutamente un film sul senso e quindi sul mistero della vita, allo stesso modo come lo era il mio primo film, "Dopo quella notte", che è appena uscito in dvd. Trovo molto importante, certo rimane un parere molto personale, che un regista sia anche autore ed abbia quindi una sua precisa poetica, ed io non ho mai mancato di seguire fedelmente la mia. Trovo fondamentale che il cinema, oltre che movimento, azione, intrattenimento e quantaltro è più gradito al pubblico medio, conservi anche una sua dignità più intellettuale. Infatti mi interessa rendere il più autentico possibile l'effetto di realtà, basato sulle emozioni, che faccia riflettere sulla grande esperienza che ognuno di noi vive, la nostra esistenza. Il mistero di Laura è basato sulle più grandi domandi che è fondamentale, e tuttaltro che retorico, porsi: Chi siamo, e da dove vediamo? Vale davvero la pena vivere questa cosa, questo grande gioco, che chiamiamo vita e dentro alla quale ci siamo ritrovati senza chiederlo?.
Questi sono i quesiti che definirei alla base del mio cinema di poesia. Le mie, però, non sono per niente opere di nicchia: definirei il mio lavoro un cinema dautore che, in questo film in modo particolare, va incontro allo spettatore primariamente attraverso un intreccio narrativo che cattura lattenzione grazie alla forza ed alla magia della narrazione che trasporta il fruitore nella sfera dello stupore. Non cè niente di surreale nel film, ma solo quanto può essere utile a portare lo spettatore verso una nuova cognizione di sé, permettendogli di scoprirsi diverso e di arrivare a trovare, magari, qualcosa di nuovo in sé che gli permetta di riuscire a migliorare la propria vita.
Come hai scelto il cast del film?
Giovanni Galletta: Ovviamente si sono fatti dei provini, tranne nel caso del protagonista Massimiliano Varrese che da anni aveva scelto per questo ruolo non solo per le indubbie capacità interpretative ma anche per quanto era stato in grado di comprendere ed amare la sceneggiatura.
Per la scelta degli altri attori è stata fondamentale lapporto del direttore casting Filippo Celli e soprattutto delle intuizioni del produttore Stefano Calvagna. Li ringrazio entrambi.
Per concludere cosa è per te il cinema delle emozioni del quale sei uno degli autori nel panorama italiano?
Giovanni Galletta: Il cinema delle emozioni è un po quello di cui parlavo prima, è il mio modo di costruire il film prima con la sceneggiatura e poi con le immagini, così da permettere allo spettatore di dimenticarsi della realtà in cui vive per entrare in quella che gli propongo. Uscendo dalla realtà per il tempo del film spero poi di permettergli di rientrarvi rinnovato dopo avergli fatto provare emozioni appunto che gli hanno ricordato la sua stessa vita, o magari addirittura un passato più o meno lontano che potrebbe addirittura arrivare a coincidere con quellaltrove allo stesso tempo lontanissimo e vicinissimo che sono le nostre origini. Il cinema delle emozioni può diventare quindi anche qualcosa che va oltre il cinema, come certo teatro è andato oltre il teatro (Grotowski o il Living Teatre per esempio), un training che possa permettere di rinnovare in meglio la nostra esistenza. Lemozione è la sensazione che più ci ricorda di essere vivi, è quello stato profondamente interiore ed intimo che ci riporta al contatto con ciò che è importante per noi, con ciò che in buona parte non ci spieghiamo ed è in grado di farci avvertire felici e di ritrovare, se labbiamo persa, la voglia di vivere, di esistere e quindi magari di perderci per il mondo. Lemozione è quindi a mio parere qualcosa di metafisico anche, o soprattutto, nel senso ateo del termine. Trovo che non ci sia niente di più importante da raccontare, che sia cinema, teatro, letteratura o qualsiasi altro tipo di arte.
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