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Riapre il Cinema Trevi di Roma con un omaggio a Bernardo Bertolucci

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Dopo un anno di stop forzato, il Cinema Trevi riapre nel segno di Bernardo Bertolucci con una retrospettiva completa delle sue opere proprio nel momento in cui il regista, impegnato sul set del nuovo film, sta spostando ulteriormente i confini della sua filmografia. Quindi cinema del passato che si intreccia con il presente ed è già nel futuro, nello spirito della Cineteca Nazionale, chiamata ad accendere riflessioni retroattive con lo sguardo però ben piantato sui nuovi orizzonti della visione. Per riannodare i fili che ci legano allo spettatore ideale, che Bertolucci così prefigurò: "Uno spettatore molto passivo che riuscisse a trovare nell’ora e quarantacinque minuti di una proiezione lo spazio per dormire almeno dieci minuti e durante questi dieci minuti sognare, vincendo così la propria passività". A questo spettatore capace di alternare visioni e sogni, proponiamo le nostre (re)visioni cinematografiche, ripartendo dal regista italiano che più ha sperimentato sul crinale del tempo. Prima e dopo un’ipotetica rivoluzione, che segna uno spartiacque fra sogni e disincanto, furori giovanili e analisi post(ume). Si può tracciare una linea d’ombra e collocare al di qua e al di là i film di Bertolucci e, all’interno dello stesso film, dividere le sequenze: prima e dopo lo schiaffo del padre al figlio ne "La luna", lo sparo di "Ultimo tango a Parigi", la scoperta della verità ne "La strategia del ragno", l’omicidio ne "Il conformista", prima e dopo un evento decisivo che ridefinisce un ordine, sovvertendo il precedente, ma solo apparentemente, perché "il passato non muore, non è neppure mai passato" (Faulkner). Il fantasma del passato aleggia in tutto il cinema di Bertolucci imponendo, sempre, un rendez-vous con se stessi, e in questa persistenza del tempo risuona, imponente, il battito della Storia: come per magia il privato diventa pubblico, il microcosmo, spesso provinciale, ricostruito fedelmente dal regista, assurge a centro dell’universo. Uno spettatore, sicuramente ideale, Martin Scorsese, ha ricordato così la presentazione di "Prima della rivoluzione" al New York Film Festival nel 1964: "Sono lì seduto al buio e guardo. Che cosa vedo? Vedo una composizione in bianco e nero che non avevo mai visto prima, mi sento preso da un senso di entusiasmo. Succede qualcosa tra me e le immagini che non ha niente a che fare con la mia possibilità, a quel tempo, di capire il film. […] Forse capisco poco, ma anche se non capisco non importa, perché misteriosamente il senso si ricompone in modo poetico". Quelle immagini superavano le barriere geografiche unendo, idealmente, due giovani (Bertolucci classe 1941, a 23 anni aveva già diretto due film!, Scorsese classe 1942), uniti dalla medesima cinefilia, la Cineteca Nazionale offre un’ulteriore testimonianza prolungando l’omaggio a Bertolucci con un ricordo di un suo caro amico, cinefilo alle estreme conseguenze, Enzo Ungari. E con Ungari ricordiamo Gianni Amico, Kim Arcalli, Pierre Clementi, Maria Schneider (alla quale è dedicato un ulteriore omaggio, a fine mese), le presenze-assenze di un cinema orfano di padre, fino alla riconciliazione finale de "La luna", ma sempre alla ricerca di fratelli, anch’essi ideali. Tutti sognatori: "The Dreamers". Bertolucci ha sempre parlato un linguaggio universale, il linguaggio del cinema, e questo gli ha permesso di dialogare con il mondo, eppure il suo paese, il suo piccolo mondo antico, reale o immaginario, lo ha sempre stimolato, facendo di lui il più internazionale dei registi italiani, il più italiano dei (grandi) registi internazionali.

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