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Federculture, ente di rappresentanza di tutti i soggetti che gestiscono servizi culturali pubblici, mette sotto accusa le norme contenute nella Spendig Review che potrebbero rivelarsi letali per la cultura, un settore vivo delleconomia che, in base ai dati Istat presentati dalla stessa Federazione, vale il 5,5% della ricchezza prodotta.
In particolare la spesa per "servizi culturali e ricreativi" delle famiglie italiane è passata da un valore pari a 10 miliardi di euro nel 1992 agli oltre 30 miliardi di oggi con un incremento del 194%.
Quello delle aziende culturali è insomma un sistema sano ed efficace, commenta il presidente Roberto Grossi. E indispensabile ridurre gli sprechi e le inefficienze, ma non si può procedere indiscriminatamente colpendo anche le realtà positive e che funzionano.
A rischio infatti sono aziende come il Palaexpò, ente strumentale di Roma Capitale che gestisce le Scuderie del Quirinale, il Palazzo delle esposizioni, la Casa del Jazz e la fondazione Musica per Roma che gestisce l'Auditorium, mentre sembrano destinate a scomparire il Centro sperimentale di cinematografia, considerata fiore allocchiello della produzione artistica, e la fondazione Valore Italia per il design.
Con lo scioglimento o lalienazione di questi enti si rischia di tornare indietro di venti anni nella gestione della cultura nel nostro Paese, azzerandone completamente il processo con il quale alle vecchie gestioni pubbliche sono state sostituiti modelli autonomi orientati ai risultati, aggiunge Grossi.
Su questi punti la Federazione ha quindi proposto una serie di emendamenti firmati da 35 senatori di differente schieramento politico che mirano ad esonerare la cultura dalle norme più stringenti della Spending Review, e così evitare la desertificazione del panorama culturale italiano e tornare ad una cultura per pochi.