Il centro poetico de Il Rosso e il Blu sta nella possibilità che tutti noi abbiamo di imparare qualcosa di decisivo per la comprendere chi siamo, chi sono gli altri, cosè il mondo. È una possibilità che si rinnova ogni giorno, ovviamente, figlia del caso e del desiderio, ma che nella scuola è assolutamente centrale. Ragazzi e insegnanti mettono in gioco una disponibilità alla conoscenza, costruiscono insieme un teatro di domande e di risposte, di relazioni e di sorprese. Non è vero che il sapere procede solo dallalto verso il basso, dalla cattedra verso i banchi, la mia esperienza trentennale di insegnante si mescola a quella di apprendista. Nelluniverso degli adulti spesso tutto sembra assodato, si ripetono noiosamente certezze e frasi fatte, si ribadisce una potenza reale o immaginaria: ma la scuola non ha queste sicurezze, tutto è mobile, indefinito, sorprendente, ogni lezione può diventare una rivelazione, ogni ora in classe può cambiare i destini.
Mi sembra che Giuseppe Piccioni abbia colto perfettamente, morbidamente, la natura profonda della scuola, che non è fatta di decreti ministeriali, programmazioni astratte, pedagogismi accademici, ma di rapporti umani. Si va insieme da qualche parte, forse verso una terra promessa dove lignoranza, lingiustizia e legoismo non la faranno più da padroni, dove qualcosa di buono e misterioso brilla. Forse è solo unillusione, ma è unillusione potente che può cambiare tante esistenze. La scuola è la premessa necessaria a ogni percorso aperto e responsabile, è il nobile fondamento di ogni coraggio. Insegnanti e studenti vivono insieme il tempo della formazione, dellattesa: si forma e si attende una vita nuova, e magari, dopo anni, ci si gira e ci si accorge che quella vita tanto desiderata è rimasta tra i banchi, è solo un ricordo, una falsa partenza.
Piccioni ha realizzato un film vero e struggente, un grande atto di fiducia nella scuola, nella cultura, nella possibilità che gli adulti e i giovani hanno di potersi ascoltare e capire, se questo mondo non li confonde con il suo colpevole rumore.
Marco Lodoli
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