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Iniziano le riprese del corto su "Papà Beat"

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“…Il giovane arrestato per resistenza e violenza alla forza pubblica avendo colpito con calci e pugni un sottoufficiale si chiama Antonio Di Spagna di venticinque anni, da Sarconi, in provincia di Potenza, domiciliato a Milano, in via Fedro 4. Ora è piantonato al Policlinico dove è ricoverato con un suo compagno, Nicola Paterlini…”. Questo uno stralcio della cronaca dell’8 marzo 1967 riportata sulle pagine dell’addomesticato “Il Corriere d’Informazione” (ma la notizia fu battuta da tutti i quotidiani milanesi) in merito agli scontri che si erano verificati il giorno prima nel capoluogo lombardo fra polizia e “giovani capelloni” legati alla rivista “Mondo beat” che protestavano contro i soprusi e le continue violenze delle forze dell’ordine. Antonio Di Spagna, alias “Papà Beat”, oggi ha settant’anni e da lungo tempo è ritornato a vivere nella sua Sarconi, quella giovanile stagione milanese da beatnik è rimasta per lui memoria gelosamente custodita. Proverà questa volta a parlarne davanti alla videocamera del filmaker di Moliterno Vincenzo Galante che inizierà nei prossimi giorni le riprese di un cortometraggio con il quale, all’esperienza, al racconto, al ritratto personale di “Papà Beat”, si cercherà di far cogliere nelle immagini quell’atmosfera di contestazione che percorse tutto il decennio degli anni '60, fino a trovare epilogo nel “sessantotto studentesco”. Milano all’epoca era già realtà modernissima e borghese, capitale morale e dell’industria nazionale ai cui margini, però, vedeva maturare la contestazione delle nuove generazioni. Le quali si opponevano alla “società dei padri” e lottavano per l’affermazione di un nuovo mondo. Ma all’interno della protesta ogni gruppo rivendicava una propria diversità. Il movimento dei beatniks e la rivista Mondo Beat - fondati entrambi da Gerbino Melchiorre (personaggio eclettico che diventerà poi un volto noto della televisione per le sue frequenti ospitate al Costanzo Show) e di cui Papà Beat fu uno dei principali attivisti - si distinsero nel ginepraio del dissenso in quanto si battevano per la salvaguardia dei diritti e la tutela dell’ambiente e praticavano un metodo (non ideologico) della non violenza. Una non violenza che dagli organi di polizia e dalla stampa borghese veniva scambiata esattamente per l’opposto. Infatti, Antonio Di Spagna – ricorda oggi Gerbino Melchiorre - in quella manifestazione del 7 marzo 1967 riportò un trauma cranico per il pestaggio subito dei poliziotti con l’asta di un cartello. Restò piantonato in ospedale per due settimane e poi incarcerato per altri quindici giorni con la falsa accusa di violenza a pubblico ufficiale”. Da ex-poliziotto Papà Beat in quel contesto mise non poco in imbarazzo la questura milanese che - menziona ancora Gerbino Melchiorre - fece di tutto per farlo allontanare da Mondo Beat”. Senza riuscirci naturalmente. Nei mesi successivi Antonio Di Spagna sarà ancora in prima linea da protagonista per la causa di una società beat. Libera e pacifista.

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