Tra i molti fatti per i quali il 1968 si fa ricordare, cè sicuramente anche per quanto riguarda il cinema italiano la realizzazione di "Dillinger è morto" di Marco Ferreri. Film che anagraficamente vide la luce degli schermi nel gennaio del 69, ma che resta a tuttoggi uno straordinario interprete non tanto del presunto spirito dellanno in cui fu portato a termine quanto della sua effettiva, divertita inafferrabilità.
Glauco, mentre si prepara una cena di suo gradimento, attraverso una specie di gioco privatissimo giunge a dare una svolta decisiva alla propria esistenza, a rompere con il passato per proiettarsi verso un futuro la cui unica promessa è la libertà da quei lacci che fino ad ora lo hanno tenuto in trappola. Michel Piccoli dà vita a un personaggio enigmatico, ironico, disincantato: una sorta di quarantenne adolescenziale, che abbina la sicurezza e lautonomia delluomo maturo alla disponibilità di un diciottenne verso la novità, rappresentata qui dallirruzione di un oggetto del tutto incongruo nel contesto domestico allapparenza più prevedibile.
Il microcosmo in cui avviene la metamorfosi di Glauco è un appartamento borghese, in cui il passato, rappresentato da dettagli architettonici e dellarredamento, si intreccia alla tecnologia e ai prodotti dellindustria culturale dei Sessanta (la televisione sempre accesa, le canzoni trasmesse dalla radio, il telefono, il proiettore super8 e i film che Glauco proietta sulla parete, giocando a mescolarvisi fisicamente). Il tutto senza soluzioni di continuità, esattamente come avviene per laccumulo di azioni che lo porteranno alla clamorosa conclusione.
E unoliera a funzionare da tramite fra la ripetitività del quotidiano e la novità materializzatasi nel ritrovamento imprevisto: il passaggio dal gesto di aggiungere olio al soffritto per il riso nella pentola di terracotta a quello di annegare sempre nellolio i pezzi del vecchio revolver, laboriosamente smontato, ammucchiati nel contenitore dellinsalata gli viene naturale. E altrettanto naturale quello di rimescolarli, utilizzando un cacciavite come si farebbe con forchetta e cucchiaio per uninsalata di verdure. A partire da questo elemento impalpabile di continuità/discontinuità si apre la catena delle trasformazioni che lo porteranno alla distruzione del sempreuguale e ad abbandonarne irreversibilmente le macerie. Glauco ancora non lo sa, ma dedicandosi a quella strana insalata ferruginosa ha messo un piede oltre lo specchio già attraversato da Thomas, il fotografo di "Blow Up", quando a suo tempo si è chinato a raccogliere una palla da tennis fantasma. E che forse lo sta attendendo, da qualche parte e in nessun luogo.
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