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CRONACA DI UN ASSURDO NORMALE

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Esce in sala a quasi tre anni da "L’ultimo ultras". "Cronaca di un assurdo normale" di Stefano Calvagna. Il film narra della brutta vicenda che il regista ha realmente vissuto e che non si è ancora del tutto lasciato alle spalle; sono stati infatti la detenzione a Regina Coeli e poi gli arresti domiciliari il motivo che ha impedito ad un autore così prolifico di rimanere lontano, per un tempo a lui insolito, dall’attenzione del pubblico del grande schermo. Inutile dire dunque quanto "Cronaca di un assurdo normale", tratto dall’omonimo romanzo del regista stesso, sia un lungometraggio estremamente personale. Quello che senz’altro si può aggiungere è che sin dalle prime immagini si avverte quanto il film sia un’opera particolarmente sentita, che dice tanto innanzitutto dell’amore di Stefano Calvagna per la vita, e poi del suo bisogno di rinnovare la voglia di esistere in un mondo che, a lui più che a tanti altri, si è rivelato tutto tranne che a misura di persona. Il lungometraggio si può definire un lungo grido in un deserto che è tale a livello non solo umano e culturale ma anche giudiziario; Calvagna però non sottovaluta lo spettatore ma rinnova la fiducia ed il rispetto nella percezione altrui. Il film riesce a fare del basso budget la sua forza e si evolve da una sceneggiatura ben congeniata che procede per balzi temporali volutamente distinti, e si rivela d’impatto anche grazie all’uso di un appropriato, intelligente ed innovativo linguaggio cinematografico che conduce e cattura lo spettatore nella narrazione. Quest'opera di Calvagna merita di rivelarsi un caso in un panorama cinematografico che riserva sempre meno sorprese e troppo raramente opere come questa, capace di lasciare il segno in quanto a forza e personalità.

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