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WALTER CHIARI - Vent'anni senza di lui

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Una vera star internazionale, un uomo colto, elegante, ironico e affascinante. Seduttore, molto più ammaliatore di un Clooney moderno, entertainer e showman simpatico più avanti di Fiorello, uno che ha inventato la televisione prima che nascesse, portandola dal teatro, o meglio dalla "rivista" come usava dire allora, direttamente nel tubo catodico con i suoi tempi e i suoi modi, con quella voce che saliva su roca e profonda. Monologhi, barzellette, e gli sketch rimasti inimitabili come Il sarchiapone, o il balbuziente di "Vieni avanti cretino". Uno che ha vissuto almeno dodici vite in appena 67 anni. Istrione, spendaccione, generosissimo e attore naturale, anche a telecamere spente. Walter Chiari è stato così, un joker della vita, uomo libero e fuori da ogni schema, nel bene e nel male. Vent'anni fa il 20 dicembre 1991, si spegneva nel suo residence milanese che all'epoca scelse perchè aveva la palestra sotto casa, perchè prima ancora che attore Walter era stato uno sportivo nato, tanto da aver praticato a lungo la boxe. Venne trovato sulla poltrona, occhiali ancora sul naso, stroncato da un infarto. "Così, come se fosse finito il film - dice il figlio Simone Annichiarico - zac, finito, come con un colpo di telecomando". Ironia della sorte poche ore prima era stato dal medico che gli aveva detto che avrebbe potuto giocare a tennis altri dieci anni. Sulla sua lapide, tanto per consegnare la burla all'eternità, l'epitaffio recita Amici non piangete, è soltanto sonno arretrato, frase che riferì a Dino Risi che lo diresse magistralmente ne "Il Giovedì". Chi non ha visto questo film ha l'occasione per rimediare proprio martedì 20 dicembre quando La7 dedicherà la serata del suo programma La valigia dei sogni a Walter Chiari. Oltre al film, il figlio Simone svelerà aneddoti ed episodi di vita di un padre molto speciale. Uno davvero divertente è quello in cui racconta di quando a Fregene, nella loro casetta, Walter rompesse le noci con il Nastro D'Argento vinto per il film d'esordio "Vanità" (1946), incurante che si scheggiasse o si rovinasse. Chiari non divenne mai una vera e propria stella del cinema, anche se girò moltissimi film, alcuni mai usciti in Italia, perchè spesso li girava all'estero per inseguire la diva di turno (celebre fu la sua tormentatissima storia con Ava Gardner) o per guadagnare denaro che gli consentisse di mantenere uno stile di vita elevatissimo oltre che la sua proverbiale generosità. Fu protagonista della Dolce Vita, quella vera, della Via Veneto festaiola degli anni '60, nella quale spesso incontrava Tazio Secchiaroli e i suoi paparazzi. Una sera gli fece trovare le gomme dell'auto bucate e Walter lo inseguì per tirargli un pugno. Secchiaroli raccontò numerosi episodi di questa natura a Fellini che più tardi ne fece un film. Una vita sempre al limite la sua, nella quale ha attraversato ogni possibile esperienza. Da rubacuori sempre alla ricerca dello show alla boxe, alla prigionia di guerra, al teatro, alla commedia musicale (voluto da Garinei e Giovannini) fino alla televisione, dove negli anni '60 diventa una star indiscussa insieme a Mina (con la quale pare ci sia stato un flirt) con trasmissioni come Canzonissima o Studio Uno. Ma proprio perchè la sua è una vita fuori dal comune arriva inevitabile anche la "botta durissima", quella del 1970 in cui viene arrestato per consumo e spaccio di cocaina. Viene poi prosciolto ma nell'84 di nuovo scende agli inferi, accusato nello stesso "giro" che coinvolse Enzo Tortora. La nuova assoluzione però riconsegna un uomo più malinconico e segnato che commenta "Com’è delizioso essere consapevoli che la propria autodistruzione è uno spettacolo gradevole anche per l’amico più caro e comunque dopo averlo saputo e averlo accettato, continuare lo spettacolo di autodistruzione".  Chiude la carriera con due ruoli drammatici e per lui interessantissimi, nel 1986 con "Romance" di Massimo Mazzucco sfiora il premio come miglior attore al festival di Venezia (premio vinto invece da Carlo dalle Piane in Regalo di Natale e poi recita "Finale di partita" di Beckett insieme a un amico storico come Renato Rascel. Lui, così attivo, e brillante, deve fare un paralitico e cieco. Ma senza dubbio era un uomo che vedeva e la cui comicità "alta", senza parolacce e volgarità, impensabile nella televisione e nel cinema contemporaneo, rimarrà come un vero marchio di bellezza nella storia di questi anni.

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