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IL RICHIAMO - L'amore tra due italiane in Argentina

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"Il Richiamo" è un film necessario. Necessario per capire quanta poca comunicazione, quanto poco scambio e contatto ci sia tra gli autori italiani di cinema. Sceneggiatori, registi, produttori sono come cellule isolate che non si confrontano con i colleghi, con il proprio mondo creativo e produttivo, con il pubblico, con il mondo. E' la dimostrazione di quanto siano chiusi nella propria fortificazione, terrorizzati che gli si rubi un'idea tanto da non condividerla con alcuno, privandosi così della possibilità di una critica costruttiva, preventiva, volta a migliorare il film che verrà. Perché è impensabile che nessuno abbia detto a Stefano Pasetto che il suo secondo film lungo, "Il Richiamo", fosse privo di appeal e di tematiche originali. A meno che nessuno ne abbia saputo nulla fino alla fine del montaggio. E' incredibile come oggi ancora qualcuno si ostini a chiamare i personaggi per nome, con un'insistenza da soap pomeridiana; nella prima scena le amiche chiamano addirittura 4 volte per nome Lea, il personaggio interpretato da Francesca Inaudi, in poco più di un minuto. Sono lì, spalla a spalla nello spogliatoio e tutte mettono il suo nome all'inizio della domanda a lei rivolta. Le altre ragazze, che vedremo solo sporadicamente nel resto del film, sono anonime. Lei è Lea, Lea, Lea, Lea! Detto così, non sembrerebbe tanto grave, ma è un fastidio che rende inconsciamente il contesto falso e poco interessante. Il film è ambientato in Argentina e i due personaggi principali sono due donne (chissà perché) italiane, interpretate appunto da una ipercinetica Francesca Inaudi e da una come sempre imbronciata Sandra Ceccarelli. Finiscono per avere una storia (difficile e romantica come solo quelle omo sanno essere) capace di farle ritrovare e guarire. Un rapporto che lentamente, dopo un primo carnale approccio, diventa come tra madre e figlia; senza l'impaccio del maschio, sempre ruvido, infantile, traditore, importuno e non necessario in uno specifico periodo della vita di una donna. Ma non bastano due donne che si baciano per 2 minuti scarsi e qualche inquadratura ben colorata da un acquario, dagli alberi in fiore o da un banco di arance, per giustificare anni di lavoro e di impegno. Fare un film in Italia oggi (e ancor di più 3 anni fa visto che il film è stato presentato del 2010), è un miracolo per un giovane autore; sprecare questa occasione è un delitto, specie dopo il positivo risultato di "Tartarughe sul dorso", debutto del 2005 di Pasetto. Il nostro giornale si occupa esclusivamente di cinema italiano. E spesso ci si rende conto, parlando con gli spettatori, quanto i nostri film siano poco considerati, da evitare il più possibile. Il nostro lavoro è sempre quello, invece, di promuoverlo, di diffonderlo e di convincere gli spettatori a sostenerlo. Poi arriva un richiamo e le parole spese con gli scettici tornano alla mente come buttate al vento, e tutte le certezze costruite con calma e dedizione, ricominciano a vacillare. La conferenza stampa

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