Quando un autore come Gianni Amelio sceglie un libro di Albert Camus per farne un film è inevitabile indagare il rapporto tra il regista e l'opera originaria: in tutte le interviste e dichiarazioni rilasciate in occasione dell'uscita del suo "Il primo uomo", Amelio ha infatti raccontato come si è avvicinato a quel libro (su suggerimento del produttore Bruno Pesery, nel lontano 1995) e cosa lo ha affascinato maggiormente (le similitudini tra la sua infanzia povera in Calabria, senza un padre, e quella analoga di Camus in Algeria).
"Il primo uomo" non è un semplice libro da prendere e trasporre: rimasto incompiuto (venne ritrovato abbozzato, con molte note scritte a mano dall'autore, tra i rottami dellauto sulla quale trovò la morte il 4 gennaio del 1960), solo dopo molti anni, nel 1994, la figlia Catherine lo diede alle stampe in seguito a un lungo lavoro filologico. Accanto al testo, concentrato principalmente su ricordi dell'infanzia di Jacques Cormery (alter ego di Camus) e sui suoi tentativi di conoscere qualcosa del padre, morto in guerra quando lui aveva solo 6 mesi, si trovano molti riferimenti e riflessioni su quello che "avrebbe potuto/dovuto essere": il testo è così ricco di note (della figlia e dello stesso autore, ancora indeciso su nomi, luoghi e ordine della narrazione) e con un'ampia sezione finale di annotazioni con le riflessioni dello stesso Camus sulle parti ancora mancanti.
Un lavoro difficile quello di Amelio, quindi, che si è trovato costretto a riempire gli inevitabili buchi narrativi del romanzo decidendo di aggiungere sue personali interpretazioni dei fatti e alcuni momenti della biografia di Camus/Cormery, che è rappresentato nel film nella fase di scrittura del libro "Il primo uomo".
Era probabilmente l'unico modo per spiegare ciò che l'autore avrebbe voluto ottenere da quel libro ma che non ha fatto in tempo a scrivere, la problematica dell'occupazione dell'Algeria, il dilemma interiore di chi, come lui, era francese ma nato in terra nordafricana e si sentiva diviso nell'animo negli anni di una sanguinosa rivolta per l'indipendenza, inviso ai francesi per le sue opinioni ma lontano - inevitabilmente - anche dagli arabi.
Laddove Camus, però, scrivendo di fatti ancora in corso, sceglieva di aprire la sua narrazione con una nascita (la sua) e di dedicarsi al racconto di una ricerca che si auspicava fruttuosa, sembra che Amelio - sapendo come poi sono andate le cose, compreso il tragico incidente d'auto - non sia riuscito a evitare di dare al suo film una patina di disillusione, testimoniata dallo spostamento verso la fine della scena della nascita, preferendo lasciare a inizio pellicola la visita di Cormery al cimitero militare in cerca della tomba del padre.
Dalla nascita alla morte, dalla speranza alla disillusione.
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