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Libro/film: "Quando la notte", la Comencini tradisce sé stessa

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Trarre un film da un proprio libro offre evidenti vantaggi (capire il senso profondo del testo, sapere meglio di tutti quali parti siano meno e più importanti, conoscere il sottotesto dei personaggi...) ma anche pericoli nascosti. Sapere troppo bene ciò che succede e perché, avere con i propri personaggi un rapporto così diretto pone il rischio concreto di non accorgersi di alcune banalità... "Quando la notte" è un esempio forse perfetto in tal senso: il libro di Cristina Comencini è costruito interamente sui pensieri dei due protagonisti, Manfred e Marina, lui scontroso e solitario uomo di montagna, lei neo-madre stressata da un amore insostenibile per il figlio e l'enorme responsabilità di crescere un bambino. Si conoscono perché lei affitta per un mese di vacanza all'aria aperta l'appartamento sopra quello di Manfred. Lui vive solo da quando la moglie lo ha lasciato portandosi via i bambini, lei è sola col figlio perché il marito è rimasto in città al lavoro. Una notte, il piccolo ha un incidente domestico e solo l'intervento di Manfred riesce a salvarlo in tempo: ma sarà stato davvero un incidente? L'uomo è convinto di no e proverà a suo modo a spingere la donna a confessare. Un racconto teso, che sulla pagina si costruisce appunto grazie alla possibilità unica dell'autrice di poter rivelare i pensieri più nascosti dell'animo dei suoi personaggi. Lo stress di Marina è palpabile, la ritrosia di Manfred indispettisce anche il lettore: tutto ciò nel film che la stessa Cristina Comencini ha realizzato scompare, la scelta di narrazione è quella di affidarsi ai volti e ai silenzi, ma i due attori (Filippo Timi e Claudia Pandolfi, altrove bravissimi) si trovano di fronte a un'impresa improba (quasi quanto scalare quella montagna...) e falliscono. Entrambi. Il rapporto tra i due, che parte dalla diffidenza e dall'odio reciproco e, attraverso eventi tragici, si trasforma piano piano in qualcosa d'altro, nel libro appare naturale e legittimo, nel film - a cui manca completamente l'introspezione - risulta assurdo. E poi il finale, ambientato quindici anni dopo, che già nel libro appariva un po' forzato e inutilmente risolutivo, nella pellicola si trasforma in una sequenza involontariamente ironica, con i due personaggi che appaiono davvero, purtroppo, ridicoli (i loro volti esageratamente carichi di espressione, il loro pathos non giustificato da quanto visto fino ad allora - mentre su carta ci si era arrivati pensiero dopo pensiero...).

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