Cercheremo di evitare di scrivere la prima parola del titolo in questo breve articolo. E' evidente che il film diretto da Gianluca Mingotto è un'operazione pubblicitaria di un prodotto che fattura milioni di euro e pertanto, per entrare a far parte del meccanismo parlandone e scrivendone, dobbiamo esser direttamente pagati anche noi.
Scrivere di questo film è difficile perché, per quanto la bocca sia piena della parola "indipendente", questo film non lo è affatto; l'intero progetto è infatti pesantemente vincolato dal gioco. Per quanto gli autori abbiano cercato di mischiare le carte deviando la storia sul rapporto tra due fratelli, sulla strappalacrime malattia della piccola sorella, sulla teoria delle carte come metafora della vita, lo scopo, neanche troppo celato, è quello di fare pubblicità e attirare un sempre maggior numero di giocatori paganti.
Il film, appesantito da subito dalla voce narrante del protagonista che un po' ci spiega le regole del gioco, un po' i suoi casini familiari, è un'opera prima e mostra grandi limiti in tre aspetti fondamentali: direzione degli attori, sceneggiatura, dialoghi.
I personaggi sono cliché al limite della macchietta e il regista sembra tendere ad accentuare e non a ridurre (forse per facilitarne la comprensione) questo fastidioso aspetto. Tutti sembrano tagliati con l'accetta, senza sfumature di sorta, interessanti riflessioni o crescita interiore, e si muovono in una storia che spesso fa acqua. Spingere a tutti i costi il fratello incapace al tavolo da gioco, è una forzatura che non funziona, perché se non sei bravo, non puoi nasconderlo e sicuramente non arrivi in finale.
I dialoghi sono poco credibili e spesso ripetono, anticipano o sottolineano l'azione, con i personaggi che non mancano occasione per chiamarsi per nome anche se sono soli e faccia a faccia.
Per il resto è girato anche in maniera professionale, senza errori ma anche senza troppe idee che lo portino ad essere cinema e non spot o videoclip.
Comunque il film, che sarà in sala da venerdì 13 con Iris in quasi 100 copie, ha almeno il merito di non aver utilizzato fondi pubblici, dando la possibilità a molti, attori e tecnici, di lavorare per ben 11 settimane. E in questo momento di crisi non è poco.
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